Nello scenario bucolico della Valle d’Itria – campagna pugliese fitta di trulli e ulivi – si è svolta la sesta edizione del Viva! Festival. Quest’anno i protagonisti sono alcuni tra i nomi più rappresentativi dell’elettronica e del nu-jazz: Alfa Mist, Kokoroko, Cinematic Orchestra, Floating Points, Jon Hopkins, Moderat e Slowthai su tutti.
Un festival per certi versi piuttosto commerciale (oltre alle rappresentanze istituzionali, prima fra tutte la regione Puglia, figurano San Marzano e Renault, i cui spot campeggiano un po’ troppo negli intervalli tra una band e l’altra) ma che è cresciuto nel tempo e ha sempre garantito una proposta musicale di alto livello. Altro elemento di valore è aver mantenuto la sede in Puglia che, sebbene da alcuni anni, sia ormai diventata un trend vacanziero con turisti da ogni dove – soprattutto nel mese di agosto) – non era certo il primo posto che veniva in mente in tema di eventi musicali (a parte le ormai inflazionate taranta e pizzica).
Quattro giorni intensi, densi di appuntamenti non solo musicali, e una scaletta rispettata al secondo (lodi a dismisura).
Il primo giorno parte con una sequenza di artisti tra i più interessanti degli ultimi anni: Alfa Mist, accompagnato da ottimi, giovanissimi musicisti, conferma la sua fama di strumentista e compositore e regala alcuni dei suoi brani più emozionanti (“Teki”, “Mind the Gap”, “Organic Rust”, “Keep On”). A seguire i Kokoroko che festeggiano l’uscita del nuovo album con una calda esibizione; la dimensione corale e l’affiatamento di tutti i componenti contribuiscono a realizzare una performance live gioiosa e profondamente soul (nel senso emotivo del termine). Grande apprezzamento da parte del pubblico dall’età media piuttosto bassa – cosa che rivela quanto il progetto dei Kokoroko di diffondere un certo tipo di suono (dall’afrobeat al jazz) ai propri coetanei si stia rivelando vincente. Quindi è la volta dei Cinematic Orchestra: i grandi classici della band (“Lessons”, “Breathe”, “The Man with a Movie Camera”, “Wait for now/Leave the World”) scorrono con le suggestive immagini a costruire una tela musicale ormai ben rodata ma sempre di grande effetto.
La seconda giornata registra le defezione di Yasiin Bey, prontamente sostituito dal suo collaboratore Dj Ben.
Il canonico quarto d’ora ed ecco esplodere l’aggressività dell’hip hop di Slowthai. Il ragazzaccio britannico dispensa concetti motivazionali e, da solo sul palco, dona vigore alle basi attraverso un cantato martellante. Ad un certo punto, tanto è l’affiatamento con il pubblico, che un anonimo fan viene invitato sul palco a duettare in “Inglorious”. La conclusione è affidata al danzereccio “Barbie girl”, brano insopportabile anche durante una performance di Slowthai. Poco dopo la mezzanotte ecco sul palco il dj set infuocato di Hunee, un’ora e mezza di bassi che rimbombano nella gabbia toracica dal sapore decisamente techno e il dj coreano che si dimena alla consolle, dimostrando più resistenza dei giovani antistanti il palco. Bravo e dalla cultura musicale immensa anche se il genere, a lungo andare, mostra una certa prevedibilità. Come in una perfetta dissolvenza cinematografica, all’1.45 precise Floating Points prende possesso di tasti e computer mentre Hunee lascia tra gli applausi. Un dj set in perfetta continuità con il precedente, con una virata in senso più elettronico nell’ultima mezz’ora.
Il terzo giorno vede la performance un po’ sotto tono di Tirzah, il carattere intimo e sussurrato della sua produzione non è molto in linea con l’empatia che si respira tutt’intorno; segue uno degli show più attesi, quello dei Moderat, che non deludono le aspettative. I brani più noti si susseguono (“Rusty Nails”, “Reminder”, “Les Grandes Marches”, “Bad Kingdom”, “A New Error)”, gli astanti gioiscono. Le numerose dichiarazioni d’affetto e i ringraziamenti da parte della band aggiungono una nota di serenità ad un clima generale già gioioso. Giustificato (ma con tanto di scuse) lo sforamento a danno di Jon Hopkins che propone un dj set energico dove non c’è spazio per i toni ambient protagonisti del suo ultimo lavoro in studio. In questa sede più dj che produttore, Hopkins si diverte e riesce a risollevare i presenti – oggettivamente stanchi data l’ora – rinvigorendo la propria performance anche con “Luminous Spaces” (brano pubblicato in collaborazione con Kelly Lee Owens, la cui voce emerge dalla consolle in un arrangiamento dance ben calibrato). Gran finale con la scatenata Elkka e menzione d’onore per gli esordienti Daykoda, Lndfk e Bluem che hanno aperto le tre serate. Bella anche l’idea dell’ultimo giorno – fruibile solo dai possessori di abbonamento – con dj set in spiaggia all’alba e a Grofoleo al tramonto.
Complessivamente sono stati giorni intensi, con una line-up di tutto rispetto, che ha visto coinvolto il pubblico tutto anche se i generi erano piuttosto vari (dal jazz all’elettronica, dalla techno all’hip hop), l’atmosfera è sempre stata piacevole e rilassata, con sufficiente spazio vitale, nonostante le presenze registrate (15000 in tre giorni – il doppio rispetto all’edizione del 2019 – e sold out nella serata di sabato). Il palco si è trasformato in uno schermo caleidoscopico dove lo spettacolo di luci artificiali si alternava alla vista di Locorotondo sullo sfondo, quasi a disegnare un quadro tra ieri e oggi, tra natura e cultura e a sottolineare il legame tra il Viva! Festival e la sua location (la Valle d’Itria).
Al riparo della piacevole ombra donata dagli alberi della Villa Comunale si sono svolti poi alcuni incontri molto interessanti (Extra Viva!) che si sono tenuti nel tardo pomeriggio, a dibattere di musica (presenti due componenti dei Kokoroko e il dj britannico Gilles Anderson), di radio, di arte e innovazione tecnologica. Una rassegna in un angolo di Puglia, per il momento risparmiato dalle masse, dove la musica si suona, si ascolta e di musica si parla e si discute. Dagli aspetti logistici legati all’organizzazione dell’evento alla proposta offerta, il Viva! Festival di quest’anno ha dimostrato maturità e lungimiranza, coniugando intrattenimento e riflessione, in un contesto ambientale di grande pregio. Non sarà facile superarsi ma è d’obbligo augurarsi che si mantenga la rotta tracciata fino ad ora.