
Dal 2010 ad oggi è cambiato praticamente tutto. Siamo cresciuti. C’è stata la fine dell’università. Il lavoro. La famiglia. La pandemia. Un tot di guerre, di cui l’ultima ci pare, letteralmente, dietro la schiena. Anche i Cosmetic sono cambiati, senza cambiare di una virgola, da quel 15 luglio 2010 a Ferrara in cui risuonava “Non Siamo di Qui” e non l’ha smesso più. Bart e compagnia suonavano già da un sacco di anni assieme ed erano distorti e dolci, come ancora oggi. Dopo dodici anni, diversi dischi ed EP e tanti ascolti (in)interrotti, riprendere il discorso con il nuovo disco del gruppo romagnolo, “Paura di Piacere”, è una sensazione tranquillizzante.
I Cosmetic sono una certezza. Non hanno mai sbagliato un disco e questo non è da meno. I singoli che lo hanno anticipato sono degli instant classic della band e ciò che “Paura di piacere” contiene non fa che confermare il tutto.
La collaborazione con i Regata su “Balena” è una perla in questo disco dalle tinte totemiche, come anche richiamato dall’esoterico artwork di copertina. Il pezzo, inoltre, chiude un trittico iniziale d’impatto: la languida “Aquila” mi richiama ai tempi di “Conquiste”, così come “Laccio d’Amor” riscopre lo shoegaze di “Non Siamo di Qui”. La voce femminile di Alien spacca, dialogando alla grande con quella di Bart. “La Luce Accesa” è, a mio avviso, la vera hit del disco, non solo per essere stata la prima rilasciata, ma anche per il massiccio uso di synth che traccia il cambio stilistico generale di tutto l’album. Le parole, poi, ermetiche, ma anche potenti nelle loro poche frasi ben scandite, fanno venire la pelle d’oca dal primo ascolto, un po’ come era stato per “Paura del principio” da “Core”. “Riopetra”, il terzo singolo estratto, è un’altra bella storiella shoegaze. Così come “Zucca”. Grazie all’uso strattonato di un vocoder ed un tiro scanzonato e cazzaro è semplicemente riuscitissima.
Il primo video di una brano estratto dal disco è quello di “Anni 90”, canzone che traccia una linea diretta con gli anni della nostra infanzia e/o adolescenza. Il piglio è slabbrato come un riff dei Dinosaur Jr. ed un implicito riferimento alla perdita di una certa attitudine mi fa rimbombare il cuore.
Il disco si chiude con “Morsi”, pezzo che vede la partecipazione di Filippo “VRCVS” Rieder ai synth, e ci proietta in ambienti new wave, e “Colpo di Teatro”, il pezzo più “cosmetico” del lotto. La linea vocale è tirata il giusto (ma quanto è bravo Bart?!?). Chitarrine lo-fi, che premono sulla distorsione al momento più opportuno. La ritmica è sempre bella quadrata. A chiudere ci pensa una coda shoegaze con voci registrate e parlottanti.
Nel 2022, dunque, i Cosmetic sono la band che meritano di essere: coerenti; capaci di sfornare pezzi sempre belli presi; prolifici il giusto, senza farsi desiderare e senza strafare.
Mi permetto un’ultima riflessione: Bart porta avanti il progetto da oltre vent’anni. Ha saputo tracciare una linea di coerenza del tutto unica: shoegaze in italiano. Un apparente ossimoro che non ha mai “pagato” come meritato, ma che ha permette tutt’oggi ai Cosmetic di essere una delle band più riconoscibili e realmente originali in Italia.
Vent’anni sono passati dai primi EP della prima formazione del progetto. L’istinto e l’attitudine verso un suono tanto sporco e grosso, quanto melodioso e avvolgente non sono cambiate di una virgola. Penso sia fondamentale notare che i numerosi cambi di formazione fanno percepire i Cosmetic come un gruppo flessibile di soggetti differenti, ma uniti da capacità artistiche indiscutibili. Sono convinto che molti ragazzi tra i 25 e i 30 anni debbano molto a Bart e ai vari componenti della band per essere ancora un riferimento di coerenza, mai spiattellata in giro e sempre legata ai fatti: dischi belli e concerti pazzeschi. Quindi grazie (!) ai Cosmetic e alle loro canzoni da qui e per sempre.
