Avrei dovuto pubblicare questo post due anni fa ma poi il mondo, così come lo conoscevamo, è andato a rotoli trascinandosi dietro le nostre vite costrette all’isolamento più o meno forzato.
I Pearl Jam restano una garanzia, l’ultima rock band americana scampata alla tragedia che nel tempo ha flagellato i frontman della “scena grunge” (Cobain, Stanley, Cornell). Una serata per celebrare la vita, il ritorno alla vita, e ai pochi momenti di bellezza che bisogna costruire su questo pianeta, la ricerca di una bellezza che sembra diminuire di giorno in giorno; dove commozione e spensieratezza riempivano occhi, dove i cori si mischiavano alla fresca aria estiva di una giornata roventissima anticipata dall’esibizione dei monumentali Pixies che hanno poi lasciato il palco a Vedder e soci, visibilmente estasiati dall’oceano di corpi che restituivano indietro un’energia elettrificata da spezzare il fiato: non a caso Vedder, in modo umile e sincero, ringrazierà noi per lo spettacolo a cui hanno assistito dal palco, nonostante la preoccupazione del cantante americano il quale in un paio di occasioni ha segnalato l’intervento della sicurezza (Roskilde Festival e i corpi senza vita di 9 fan sono scalfiti in modo indelebile nella memoria della band).

Eddie in continuo contatto col pubblico, parla in italiano (dice che durante il “periodo covid” ha sognato spesso l’Italia e che ora quel sogno si è avverato, anzi è stato meglio del sogno); ringrazia amici viventi e chi non c’è più ma ci osserva da qualche parte; racconta di quando lavorava come portiere notturno a San Diego e “prese in prestito” la Ferrari di un cliente ma, soprattutto, non dimentica di criticare il paese da cui proviene, dell’indegna decisione della corte suprema (minuscolo voluto) di tornare indietro di 50 anni smantellando la tutela dei corpi femminili sulla questione aborto.
Chi dice che i musicisti devono occuparsi solo di musica probabilmente non ha mai capito nulla di musica.
La setlist alterna pezzi tiratissimi, con un Mike McCready in stato di grazia, alle ballate struggenti che servono pure per riprendere un po’ il fiato, e consentire ad Vedder di assaporare il suo amato vino rosso, immancabile componente aggiunto sul palco dei Pearl Jam.
E quando arriva il classicone “Yellow Ledbetter” sai che i minuti sono contati e vorresti cristallizzare gli attimi o, meglio ancora, fare rewind riavvolgendo la cassetta della serata, invece toccherà fare tesoro di ciò che hai infilato nella memoria per continuare a riviverla.
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And the days, they linger on
And every night, what I’m waiting for
Is the real possibility that I may meet you in my dreams
Sometimes you’re there and you’re talking back to me
Come the morning I could swear you’re next to me
And it’s okay
It’s okay
I’ll be here
Come back