Anna Viganò è uno di quei talenti che la scena “indie” ha forse più sottovalutato in questi anni; che fosse negli Intercity, ne L’Officina della Camomilla o come Verano, ha sempre saputo dare un suono personale ai brani e, nel suo progetto solista, ha rivelato doti da autrice, unite a una ricercatezza sonora che la rendono una preziosa rarità per una certa generazione di musicisti/e. A quattro anni di distanza da “Panorama“, ultimo lavoro a nome Verano, Anna torna in scena con “Supra“, un progetto più a lunga gittata, di cui per adesso è disponibile la prima parte, un EP di tre brani di cui abbiamo parlato proprio con l’autrice.
Ciao Anna, la prima domanda è d’obbligo: come mai la scelta di uscire non con un disco ma con un progetto più ampio che si svilupperà nel corso di tutto l’anno?
Ciao! Guarda, ci ho pensato parecchio, nel senso che di dischi nella vita ormai ne ho fatti un po’, non mi riferisco solo al progetto Verano: per una volta volevo evitare l’ansia che c’è quando decidi di fare un disco. Nel senso che è normale, quando fai un disco, iniziare a pensare anche agli equilibri che dovrà avere dentro, a livello di suono, di posizionamento dei pezzi nella tracklist e cose così, io volevo togliermi di dosso questi obblighi e provare a scrivere molto spesso in un tempo ridotto, capendo se questo mi aiuta a descrivere in una chiave nuova ciò di cui voglio parlare.
Da qui anche il titolo “Supra”, che significa “in superficie”, che rappresenta proprio l’idea di voler portare a galla alcune cose più profonde. E poi “Supra” in termini farmaceutici è anche qualcosa che ti risolleva e la musica ancora una volta è stato il giusto ricostituente per me anche in questo caso.
Che tipo di persona è diventata Anna in questi 4 anni trascorsi da “Panorama”? E i 2 anni di covid hanno invece cambiato in qualche modo il tuo approccio alla musica?
Come tutti sono cambiata, è un po’ egoista dirlo ma in alcune cose anche in meglio; questa pausa forzata da alcuni meccanismi è stata per certi aspetti deleteria, per altri molto utile. Se penso a “Panorama” sono una persona totalmente diversa e devo dire che da dopo “Panorama”, per tutta una serie di logiche, mi ero anche detta che non avrei più fatto musica. Mi ero un po’ persa ecco. L’anno scorso, più o meno in questo periodo, incontrandomi con Marco Di Brino e Alessio Sanfilippo, le due persone con cui ho composto “Supra” mi sono reinnamorata della musica e del fare musica.
Sicuramente sono cresciuta e, diciamolo serenamente, sono anche invecchiata e mi sono tolta di dosso tutto quell’ansia legata più agli aspetti di contorno della discografia, più che con la musica in sè. Adesso sono una persona molto più serena e che vive la sua arte in modo più sereno.
Ti dava ansia tutta l’idea di dover ottenere determinati risultati o di dover rispettare magari certe tempistiche per far uscire un disco?
Sì e se ci pensi, prima della pandemia, stavamo vivendo un momento storico a livello di club e di live molto intossicato. Era tutto un po’ una bolla fine a sè stessa: ho letto gente scrivere di sold out in posti da 30 persone senza aver staccato neanche un biglietto pagato, quando si presuppone che il sold out preveda l’aver esaurito i biglietti paganti. Eravamo arrivati a dei meccanismi ossessivo compulsivi, tutto pensando più ai numeri da dover fare che alla musica in sè. Mi aveva un po’ intossicato quell’ambiente. Poi ho fatto un lavoro su me stessa e adesso vivo la musica in modo molto più connesso alla canzone che a tutto il meccanismo di promozione, che, ovviamente, comunque serve ed è sacrosanto che ci sia; però personalmente mi piace viverlo in modo più sereno e consapevole.

Mi interessa molto questo aspetto, ti sei allontanata da quel mondo un po’ autoreferenziale che spingeva sul discorso numeri più che sul discorso musica, soprattutto per quanto riguarda certa scena indie?
Mi sono allontanata perchè si è fermato il mondo, con la pandemia, sicuramente però non mi interessa tornare su certi schemi, ammesso che siano ancora possibili adesso. Credo che tutti ci stessimo facendo cannibalizzare dalla narrazione, da quello che c’era intorno che era diventato più importante della musica come musica in sè. Bisognava sempre essere presenti sui social, sempre iper-connessi, si pensava più a quello che a comporre canzoni. Un paio di settimane fa ho letto, mi pare su Billboard US, che alcuni artisti giganteschi cominciano a dire che non si riconoscono più nel loro essere artista, perchè il 90% del lavoro che gli viene chiesto è pura promozione e presenza social: è chiaro che da un post su Instagram di St. Vincent, ad esempio, dipendano anche i suoi collaboratori che con quello ci mangiano ma non si può arrivare al livello in cui si è così appesantiti dalla promozione da impiegare più tempo in quello che nel fare musica. E appunto ci stanno arrivando anche artisti enormi. Io non avevo quel tipo di pressione ovviamente, ma dentro di me mi sentivo comunque oppressa: da lì ho provato a capire cosa era importante per me e sono tornata più a concentrarmi sulle canzoni, perchè io non stavo più bene. Non che sia sbagliato promuoversi o voler essere iper-presenti sui social, semplicemente non era giusto per me.
Paradossalmente la pandemia ha bloccato queste logiche di mercato che stavano un po’ mangiando il mondo indie, in questo ci vedo qualcosa di buono.
Hai citato St. Vincent: quanto c’è di lei in “Supra”?
Tanto! Ho sempre detto di considerarla un punto di riferimento: come lei nasco come chitarrista. Io per quasi tutta la vita ho quasi solo suonato e poi mi è venuta voglia di scrivere e oggi devo dire che la scrittura è per me essenziale, per cui assolutamente St Vincent è un’artista a cui guardo.
Ti rivedi anche nel suo percorso sonoro che è passato dal cantautorato folk, ai pezzi pop-dance fino alla sperimentazione? Vedi quel range di possibilità anche nel sound di Verano?
Assolutamente sì, “Supra” va in quella direzione: non avendo gli obblighi di un disco sono molto più libera e questo mi permette magari domani di far uscire 3 pezzi downtempo piuttosto che 4 pezzi techno, senza essere legata a un sound specifico ma potendo sperimentare. Il concetto che sta sottinteso al progetto “Supra” è proprio questo: la libertà più assoluta.
Hai parlato prima dell’importanza che ha preso lo scrivere nella tua vita di musicista; il filo conduttore che accomuna i tre brani di “Supra – prima parte” qual è?
È una persona che è entrata nella mia vita e poi lentamente ne è uscita: questi 3 pezzi sono la sequenza di un piano americano in cui si vede questa persona entrare nel mio universo in modo un po’ nebuloso e poi uscirne, come in un film
Ecco, ci ho visto un immaginario molto cinematografico in questi tre brani,tra cui uno dei punti di contatto era anche lo sfondo, la città di Torino.
Sì, i brani sono stati prodotti a Torino e tra l’altro in “Film” c’è una parte iniziale campionata che è l’inizio di un rito in una moschea cittadina.
Ti racconto questo aneddoto che mi ha veramente colpito: quando ho scritto “Film” immaginavo proprio di vedere un episodio della mia vita in modo distaccato, da lontano, come per allontanarmene e purificarmi da quella cosa; ecco la cosa incredibile è che quando abbiamo campionato la parte iniziale potevano dire qualsiasi cosa, invece mi ha detto una ragazza che quella è una formula che viene recitata prima di confessare le persone in Moschea ed è esattamente una formula che invita a purificarsi, ad allontanarsi dalle cose che ci fanno sentire impuri, quindi assolutamente perfetta per il senso del brano! Incredibile davvero.
Alla fine la purificazione è un concetto che si può applicare anche a quello che mi raccontavi prima, alla tua visione della musica: te ne sei dovuta allontanare un po’, non per libertartene in questo caso, ma per tornare a concentrarti su ciò che ritenevi davvero importante nel fare musica.
Sì, sono tornata a fare musica in modo più sereno: in un momento era una fonte di stress enorme e il momento dopo era invece un rifugio in cui esprimere appieno la mia creatività. In mezzo sono cambiata io ed è cambiato il mio atteggiamento verso di essa.
Quanto tempo ti hanno richiesto a livello di scrittura questi tre brani?
Io sono un po’ la persona dei 10 minuti, che non vuol dire che ci metto 10 minuti a scrivere un pezzo eh! Prima ho una fase in cui immagazzino un sacco di appunti, note vocali, che non si sa mai quanto può durare e che poi mi porta quasi sempre a quei 10 minuti in cui mi metto con la chitarra e tiro fuori il brano, su cui poi va fatto tutto il lavoro di produzione. Le canzoni in sè sono nate in momenti molto diversi perchè chiaramente la mia fase di “immagazzinamento” che mi porta ai famosi 10 minuti non ha una durata standard, poi abbiamo fatto la fase di produzione nel secondo lockdown: eravamo a Torino con Alessio e Marco e ci ricacavamo i sabati per produrre il disco, passando le giornate insieme. Era una splendida scusa per vedersi.
E quindi quando ti vedremo portare questi nuovi brani live?
Guarda sono molto felice che sia ripartito tutto, personalmente però prima di tornare live vorrei far uscire “Supra – parte seconda” che, tra l’altro, ancora devo scrivere. Parte del processo che mi sono data, infatti, consiste proprio nel non iniziare a scrivere i capitoli successivi prima che siano usciti i precedenti. Quando sarà fuori anche la parte due poi penserò al tour, credo in autunno.