
Franco Battiato vestito come un punk londinese, a 20 anni, chiuso in lockdown in un monolocale milanese: si potrebbe riassumere così il folgorante esordio di Valerio Visconti, giovane cantautore di Acqui Terme capace di fondere nel suo primo disco, partorito durante il lockdown (e il titolo DPCM diciamo che lo faceva intuire) un’attitudine e un sound corposamente punk con i versi e la poetica del cantautorato italiano.
Prodotto da Giulio Ragno Favero, raccoglie 7 tracce che musicalmente hanno un’urgenza e una sincerità disarmanti, riuscendo a riassumere i problemi comunicativi di una generazione, quella dei ventenni, che si è trovata a vivere circondata dai social ma incapace di rapporti umani “veri” e poi reclusa mesi in casa a causa della pandemia.
Dalla title track che ammicca ai CCCP, a “La morte a Venezia” (citazione di Thomas Mann rivista per l’occasione) che sembra un pezzo di Niccolò Contessa, fino a “Le idi di marzo” con quel rock un po’ seventies fino alla chiusura intimista di “Nulla mi urterebbe più”, siamo di fronte ad un lavoro interessantissimo che forse aprirà una nuova strada per il cantautorato, un cantautorato graffiante, critico e ricco di sarcasmo.