Qualcuno probabilmente si ricorderà di Lennard Rubra, apparso qualche tempo fa anche da queste parti, progetto in solitaria che mischiava psichedelie a là Flaming Lips con certe movenze degne dei DIIV.
Ecco, nella sua nuova incarnazione Vulva De Leyva è rimasto lo spirito lisergico e weirdy pop che condivide assieme ai suoi nuovi compagni di avventura – Viktor Bagarr (chitarre, voci) e Philip Ruler (batteria) – -, i tre domani daranno alle stampe l’Ep Prom, via Circa Diana Edizioni Musicali.
È possibile ascoltare il disco con un giorno di anticipo, nel player in basso, e per l’occasione abbiamo fatto anche qualche domanda al musicista riccionese.
Questo nuovo progetto prende a pieno titolo il posto di Lennard Rubra o i due convivranno pacificamente senza pestarsi i piedi?
Vulva De Leyva è semplicemente la nuova identità di Lennard Rubra, a cui si aggiungono due cari amici ossia Philip Ruler (già Silki) alla batteria e Viktor Bagarr (già Tristram, Sonic 3, Freedom Club) alla chitarra/basso, che da qualche tempo mi stanno aiutando a portare in live i miei pezzi. È da più di un annetto che però volevo cambiare nome al progetto e ho approfittato di questa piccola uscita per fare “rebranding”. In più l’EP è stato registrato da me insieme a Ruler, quindi mi sembrava proprio il momento adatto per aprirsi a qualcosa di nuovo in generale.
I tuoi mood musicali restano sempre su una linea di pop obliquo, tra movenze sleazy e weird, da dove hai tratto ispirazione per la stesura di questi brani?
Non ho mai avuto interesse ad inserire in una categoria quello faccio perché è il frutto di ascolto di tante cose diverse che mi piacciono. Mentre facevamo questo EP, comunque, stavo ascoltando molto This Heat, Ronettes, Captain Beefheart and His Magic Band insieme a musica anni ’40 e ‘50 di diversi paesi del mondo.
Poi ascolto ossessivamente da anni i Women, una band canadese, scioltasi nel 2010 – che mi pare non essere molto arrivata gli anni scorsi qua in Italia – ma che dalla sua dissoluzione ha prodotto delle vere e proprie gemme come Cindy Lee e i Preoccupations. Al momento, e ormai da anni per me, l’universo musicale e visivo di Patrick Flegel (Cindy Lee), che considero un vero e proprio genio contemporaneo, rimane uno dei riferimenti e delle ispirazioni più importanti del mio percorso.
Leggo che l’intento di questo disco è quello di raccogliere “canzoni pop da ballo di fine anno”. Pensi di esserci riuscito? Come te lo immagini un ballo di fine anno?
L’idea era di fare un EP dalle caratteristiche “ballad”, insomma pezzi pop da ballare intrisi dell’immaginario che vede la persona X invitare la persona Y al festone, che poi dichiarerà tutti i suoi sentimenti inutilmente perché la persona Y non corrisponde. Voglio dire, è un immaginario divertente, adolescenziale! Credo di vivere costantemente in un’immaginario prom, immedesimandosi sempre non binariamente nelle due o più parti che compongono un’intesa.
C’è senza dubbio tutto questo nell’EP e quindi molto sentimentalismo, che è una cosa che adoro e che mi dà il vomito allo stesso tempo! A volte mi sento una ragazzina adolescente con le prime cotte. Ad ogni modo, non so se ci ballerei con musica del genere quindi non so se ci sono riuscito. Mentre scrivevo i brani mi immaginavo di invitare a questo prom “Lady In The Radiator”, la ragazza con il volto deformato di Eraserhead di David Lynch.
Ci faresti un guida track by track dei brani che compongono Prom?
Prom gravita intorno al tema delle relazioni tossiche, del distacco e della disaffezione. Nello specifico si parla di quando una persona, a cui si è tragicamente legati ma che si vorrebbe lasciare andare, non è più presente affettivamente nella propria vita. In questo processo si delineano cinque fasi, come cinque sono i pezzi: dal convincimento nostalgico che possa tutto ritornare come un tempo (Sarà come ieri); allo svegliarsi brutalmente dal sogno illusorio, tesi alla ricerca di nuove esperienze ed elementi di realtà su cui appoggiarsi, nel tentativo di dimenticare e di ricominciare a vivere (Destarsi); all’elaborazione costante e difficile di un abuso emotivo che fa dubitare di quello che è avvenuto, di ciò che è stato detto e di quello che si è provato (Eppur mi amavi); fino al ricordo vivido del dolore e del motivo della separazione, che portano ad escludere ogni possibilità di ricostruzione (Oltremodo e Addio).
In questi due anni di convivenza con una crisi socio-sanitaria senza precedenti le vite di tutti sono state stravolte e, in alcuni casi, ridisegnate. Cosa è accaduto alla tua e come vedi il futuro sia dal punto di vista musicale sia come società?
La mia vita è stata ridisegnata incisivamente sul fronte della salute mentale. Sicuramente è stato così per molti, chi più chi meno. Prima della pandemia, soffrivo di una certa instabilità umorale e mentale, ma il quadro era sfuocato. Durante e subito dopo il primo lockdown ha cominciato ad acutizzarsi inaspettatamente la mia parte “euforica”, diventando problematica. Mi sentivo molto energico, invincibile, inattaccabile. Ero convinto di avere un’energia divina dentro di me. Parallelamente ero impulsivo, irritabile e paranoico. Alla fine ho dovuto cominciare a prendere qualche compressa che mi riportasse un po’ sulla terra. Ed ecco la discesa e il crollo, come su uno scivolo. Sono rimasto a terra per mesi, è stato veramente un periodo angosciante e di forte disagio. Molte volte si evita di parlare di salute mentale, e di questi tempi in particolare riguardo agli effetti diretti o indiretti della pandemia sulla salute mentale delle persone. Questa poi è la mia esperienza in breve, ma ce ne sono tante altre che rimangono nel silenzio o nella vergogna di essere raccontate.
Una cosa che penso riguardo al presente, più che al futuro, è che non siamo ancora in un periodo di “ricostruzione”, come molti frettolosamente affermano, ma piuttosto di progettazione della nuova casa in cui abiteremo mentre, tuttavia, siamo ancora dentro a quella vecchia che ci sta letteralmente crollando addosso. Ad ogni modo, il futuro è comprensibilmente sgranato e (s)fortunatamente nessuno può prevederlo, anche se chiunque si ostina a provarci. E questo vale anche per la musica che, insieme a tutte le altre forme di produzione culturale e artistica, spesso rappresenta lo spirito del tempo.
Nel comunicato stampa si evidenzia il fatto che la line up dal vivo sarà differente rispetto a quella in studio. In che modo nasce questa esigenza e in che modo sei riuscito a coinvolgere chi vi partecipa?
Le line up dal vivo e in studio in realtà sono identiche, solo che per questo EP in studio siamo stati solo in due, ossia io e Ruler, perché non ci siamo mai riusciti a beccare con Bagarr. Bisogna considerare che Prom è stato realizzato in un mese con una scheda audio, un tape recorder come preamp, qualche microfono per la batteria, un computer etc. Quindi è stato tutto molto veloce e improvviso, poco organizzato. In realtà ho sempre lavorato così anche io da solo in autonomia, è un approccio anti-perfezionismo. Comunque, attualmente stiamo lavorando alla dimensione live tutti e tre insieme, preparando oltre che alcuni brani vecchi del progetto Lennard Rubra, anche questi qui di Prom.