Il quarto appuntamento live del Balena Festival, ambientato al Porto Antico di Genova, ha visto protagonisti gli ormai veterani dei live: i pisani The Zen Circus. Animati da sincera passione, questi instancabili suonatori hanno fatto la gavetta palco dopo palco e hanno ormai consolidato una professionalità autentica, senza perdere la genuinità degli esordi.
Questo tour li vede particolarmente carichi, come se il recente lockdown li avesse parzialmente compressi e, sfogata la propria energia con la pubblicazione del nuovo album “L’ultima casa accogliente“, era ormai necessario tornare ad esplodere di note on stage.
Un migliaio di spettatori, di età media piuttosto giovane (tra i 20 e i 30), ha affollato il modesto spazio che affaccia direttamente sul mare. Tanta era l’attesa che, appena finito il primo pezzo, l’apparente compostezza delle persone sedute sulle sedie ha lasciato spazio all’entusiasmo, per scattare in piedi e dirigersi verso il palco. Va detto che, per caso o per coscienza (e forse anche per qualche sguardo minaccioso del servizio d’ordine), si è riuscito a mantenere una distanza accettabile – cosa che in realtà sto apprezzando più di quanto pensassi, giacché corpi sudati e aliti imbarazzanti, sono ormai un ricordo di concerti passati.
Una piacevole brezza canadese ha accompagnato salti e balli di quanti, in canottiera e senza felpa d’emergenza, avevano necessità di scaldarsi ma, a dire il vero, erano anche troppo coinvolti nel flusso musicale senza sosta degli Zen Circus per riuscire a stare fermi.

Per quelli come me, con felpa d’ordinanza, in posizione più defilata ma con ottima visuale, il concerto è stato una performance ottima, senza sbavature, a conferma di un gruppo rodato ed estremamente affiatato. Numerosi gli scambi con il pubblico, pause ridotte al minimo tra un brano e l’altro, la scaletta è stata una sequenza di brani del passato (praticamente quasi la tracklist della raccolta “Vivi si muore”) intervallata dai brani più efficaci dell’ultimo album.
Durante i pezzi più folk si è, a tratti, rischiato un po’ una sorta di ligabuismo, con sguardi sdolcinati e cantanti ad occhi chiusi (fortuna che l’epoca degli accendini è passata) e anche dal punto di vista musicale si sono rivelati i momenti meno riusciti (“L’amore è una dittatura”, il pezzo presentato a Sanremo, è stato uno di questi, per esempio). Pur se chiaramente si comprende anche la necessità dei musicisti di rallentare un po’ il passo.
I momenti più interessanti comunque sono stati l’esecuzione di “Non” (brano di apertura), “Bestia Rara”, e la title track, i pezzi più dark del disco, con richiami quasi a-la Cure del periodo di “Pornography” e venature di prog italiano anni Settanta.
Particolarmente intensa la parte strumentale e un aspetto degli Zen Circus sicuramente da approfondire nei prossimi lavori. Impressionante la voce di Appino, dal timbro solido e marcato, in certi tratti assimilabile a Rino Gaetano (e penso a un pezzo come “Figlio di puttana”).
La performance si è chiusa dopo un’ora e mezza e poiché la fine concerto definitiva è 23.30, gli Zen Circus sono scesi in mezzo al pubblico e hanno suonato due pezzi acustici, in ricordo delle proprie origini. Anche se per chi si trovava più indietro la musica era quasi impercettibile.
In ogni caso gli Zen Circus si confermano una band strutturata e consolidata ormai nel panorama italiano, con un seguito di pubblico stabile e costante, quasi a renderli un gruppo generazionale (come furono i Timoria, o la Banda Bardò).
Ma l’ultimo album dimostra che la direzione non è scontata e la selezione dei brani suonati in questo nuovo tour ne è un segnale.
1. Non
2. Non voglio ballare
3. Catene
4. Come se provassi amore
5. Il fuoco in una stanza
6. Andate tutti affanculo
7. Catrame
8. Ilenia
9. Fino a farti spaccare due o tre denti
10. Appesi alla luna
11. Canta che ti passa
12. Figlio di puttana
13. Bestia rara
14. L’amore è una dittatura
15. L’ultima casa accogliente
Encore 1
16. L’anima non conta
17. Viva
Encore 2
18. Mexican requiem
19. Vent’anni