Quattro chiacchiere sorseggiando una birra come se fossimo seduti nella sua cucina di San Francisco, dove sono nati i brani di “Uncommon Weather“, terzo disco a nome The Reds, Pinks and Purples.
Mi sono immaginato così l’intervista a distanza con Glenn Donaldson, una delle menti più creative dell’indie “made in USA” degli ultimi anni (basti pensare agli Skygreen Leopards o agli Art Museums). È stato bello farsi raccontare direttamente da lui cosa lo ha ispirato per comporre questi 13 gioiellini, sperando di poterli ascoltare presto live anche in Italia.
“Uncommon Weather” è il terzo disco a nome The Reds, Pinks and Purples: come si è evoluto il progetto lungo i tre lavori?
Il primo (“Anxiety Art”) era un po’ più lo-fi. Ho preso un microfono leggermente migliore per gli altri due. Forse mi sono sentito un po’ più a mio agio nel cantare e mi sono disteso un po’. Lavoro sempre sui dettagli per migliorare quello che faccio.
Se dovessi descrivere questo disco con le prime tre parole che ti vengono in mente, quali sarebbero?
Direi semplice, pop e cuscino.
Una parola che associo al tuo lavoro è “malinconia”: che rapporto hai tu con la malinconia? Ti è di ispirazione nello scrivere?
Da fan, mi piacciono i suoni malinconici che mi commuovono. Probabilmente uso la musica come terapia, e penso che molte persone lo facciano. Volevo creare un pop catartico che ti aiutasse a superare i momenti tristi e assurdi della vita. Mi sento come se avessi mescolato un po’ di umorismo con la malinconia. Volevo trasmettere quella sensazione di quando le cose sono così tragiche da farti ridere.
In “Uncommon Weather” c’è un pezzo che si intitola “The Biggest Fan”: che rapporto hai tu con i dischi? E c’è una band per cui hai fatto una follia per andare a un concerto o per comprare un disco particolare?
Sono stato un collezionista di musica da quando ero molto giovane. Probabilmente è il mio unico vizio. Posso relazionarmi pienamente con il personaggio di “The Biggest Fan”. In fondo sono un patetico fan. Quando ero giovane ricordo di aver incontrato i Bad Religion prima di uno spettacolo nel parcheggio. Sono sicuro di aver detto qualcosa di imbarazzante.

Fin da “You might be happy someday” i tuoi dischi hanno bellissime copertine che sono foto di scorci di San Francisco, del quartiere dove vivi: come è nata l’idea di questa serie di foto e la tua passione per la fotografia?
Le canzoni parlano di San Francisco e della mia vita qui. È un mix di verità e finzione, come la maggior parte della scrittura, ma avere le foto del quartiere aggiunge un tocco di realismo. Inoltre penso che il mio quartiere sia bellissimo e volevo rendergli omaggio.
Da poco hai anche pubblicato un disco come Painted Shrines, dal titolo “Heaven and Holy”, insieme a Jeremy Earl dei Woods: ci parli un po’ di questo progetto?
Jeremy è un vecchio amico. Ci siamo conosciuti una decina di anni fa. Woods è stato in tour con un paio delle mie band, The Art Museums e Skygreen Leopards. La sua etichetta Woodsist ha pubblicato due dei miei album. Voleva fare qualcosa al di fuori del suo normale processo artistico, quindi l’ho invitato in California per registrare. Probabilmente esteticamente ci incontriamo intorno ai Byrds e al lo-fi degli anni ’90, quindi credo di aver contribuito a spingerlo in quella direzione. A me suona come una combinazione dei nostri vecchi trucchi e delle nostre nuove abilità in studio. È stato un progetto divertente, molto sciolto e godibile. Sono contento che alle persone stia piacendo. Sarei felice di fare un secondo disco come Painted Shrines ad un certo punto.
Ultima domanda: come hai vissuto, da musicista, il periodo del covid e come vanno adesso le cose negli USA?
Non ho sofferto tanto quanto altre persone. Sono grato di poter lavorare in smart working. Ma è stato triste e isolante, ci sono stati così tanti cambiamenti durante l’anno, persone care che se ne sono andate, persone che hanno cambiato lavoro e sono scomparse dalla mia vita. Non è stato facile psicologicamente. Le cose qui ora sono piene di speranza, con molte persone che vengono vaccinate quotidianamente e un presidente meno psicotico in carica.
Stai già fissando nuovi concerti? Abbiamo chances di vederti live in Italia almeno nel 2022?
Non ancora, ma sta diventando sempre più possibile. Sono stato vaccinato proprio oggi (27 aprile, ndr) per la prima volta e spero di andare in tour nel 2022.