Il deus ex machina del progetto one-man-band Drovag, Alessandro Vagnoni, è conosciuto nell’ambiente musicale grazie alle collaborazioni più o meno in pianta stabile con Bologna Violenta, Ronin e Bushi a cui appunto si affianca questo nuova esperienza sonora giunta al sophomore album a due anni dal debutto omonimo, il nuovo si intola TOxin ed esce domani via All Will Be Well Records.
Le dieci tracce del disco prendono una forma definitiva durante lo scorso lockdown anche se la genesi di alcune di esse risale addirittura a due decadi assieme a Manuel Coccia “Mi sembrava giusto iniziare a riscrivere alcuni brani a cui non abbiamo reso giustizia all’epoca… Quindi ho iniziato a recuperare i vecchi file di lavoro e a riscrivere totalmente le canzoni partendo da alcune idee.” dice Alessandro il quale oggi presenta in anteprima il singolo “Surface”, traccia di punta dell’album dentro cui si condensa bene il “Drovag-pensiero” composto da teorie synth pop dalle striature crepuscolari.
Insieme al download del brano abbiamo avuto modo di parlare con Alessandro del disco, della situazione attuale e di come “sopravvivere” quando si è musicisti in un periodo in cui la musica sembra uno dei mali con cui sconfiggere la pandemia.
Il titolo del disco ha qualche riferimento al periodo storico che stiamo vivendo?
E poi, nel comunicato stampa si legge che la stesura dei brani è iniziata 21 anni fa. Come mai sono rimasti per così tanto tempo fermi e cosa ti ha spinto a “rendere giustizia” proprio ora?
Questa risposta vale anche per la prima domanda, nel senso che molti anni fa io e un mio amico e collaboratore di lunga data (Manuel Coccia dei Kmfrommyills, collaboratore fra i tanti di MATA, Oslo Tapes e tantissimi altri) iniziammo a scrivere brani per un progetto musicale che avrebbe dovuto chiamarsi “Toxin”. Avevo ancora i file di lavorazione di quei brani (piuttosto acerbi per la verità e in qualche caso semplici abbozzi di idee) e durante lo scorso lockdown ho capito che non c’era altro da fare se non quella di mettersi a scrivere musica per poi un giorno pubblicarla ed essere pronto a portarla dal vivo, una volta possibile. Sono quindi partito a scrivere i nuovi brani partendo dai semi di quelle canzoni abbozzate. A posteriori la canzone “Toxin” che dà il titolo al disco rappresenta il periodo storico di “intossicamento” a vari livelli: sanitario, politico, sociale, mediatico. Ma come molto spesso accade le cose non si scelgono i nomi, siamo piuttosto noi a trovare un senso anche dove non c’è. Del resto è questa l’essenza della poesia e dell’Arte in generale.
Ti conosciamo anche perché collabori in progetti più noti (Ronin, Bologna Violenta) ma in questo tuo disco l’unica collaborazione è con Sergio Pomante (che suona il sax nella title track). In che modo vi siete “incontrati”?
Sergio, oltre a suonare con me nel progetto Bushi e, assieme a Mario Di Battista (entrambi ex-Ulan Bator) nel progetto The Breakbeast che vedrà la luce a breve, è un musicista e tecnico del suono che conosco da parecchi anni ormai. Col suo progetto String Theory siamo partiti assieme in tour a cavallo tra il 2018 e il 2019. All’epoca del primo disco Drovag gli chiesi di suonare una traccia di sax per un brano strumentale e ho voluto riaverlo in questo nuovo disco, unico ospite in effetti.
Ci descrivi perché la scelta di “Surface” come primo estratto? Com’è nato e cosa volevi raccontare?
Surface sarà il lato B di un 45 giri in vinile che l’etichetta All Will Be Well Records (con sede ad Oxford) farà uscire oltre alla pubblicazione digitale e un flexi disc one-side. Ecco il perché della scelta di quel brano. Come con tutti i brani del disco, concepito in una condizione di smarrimento, incertezza e lutti, ho cercato di guardare dentro me stesso e trovare delle risposte. Ma non ho voluto raccontare nulla, avevo solo voglia di lanciare enigmi per avere dagli altri quelle risposte che io non ho trovato. E spero di averne.
Usciamo un attimo dal progetto Drovag per entrare in un’altra sfera artistica che ti compete: la pittura. Durante il precedente lockdown ti abbiamo visto rappresentare attraverso una lente deformante in acquarelli diverse persone (amiche e non). Un anno dopo siamo messi uguale (se non addirittura peggio), pensavi di riproporre quell’esperimento e, in caso di risposta negativa, se dovessi rifarlo cosa proporresti ora? E poi, era nato da un qualche tipo di richiesta di contatto (seppur virtuale) o soltanto per il tanto tempo a disposizione?
Le tempere che da Aprile 2020 vendo su richiesta (e che han fatto parte di due pubblicazioni) sono state l’unica forma di guadagno, a parte il sostegno avuto da Soundreef e da Itsright (grazie per fortuna ad un intervento dello scorso governo che ha stanziato fondi) per la ripartizione dei diritti come autore e anche come strumentista. In effetti quella di musicista è la mia UNICA “occupazione”, non lo considero neanche un “lavoro”: è solo quello che sento, voglio e so fare. Quella della pittura comunque è una mia seconda pelle, essendomi diplomato all’Accademia di Belle Arti di Perugia molti anni fa. Dopo un lungo periodo di inattività e con prospettive di guadagno azzerate (concerti e tour saltati di colpo) ho risfoderato pennello e tempere acriliche e ho iniziato ad eseguire caricature, invitando chiunque su Facebook e Instagram ad aderire alla realizzazione di un libro di 100 ritratti dal titolo “ASINTOMATICI” (sold out). Sto ancora continuando a dipingere e a vendere su commissione (sono a quota 350 ritratti circa) e, devo essere sincero, non mi aspettavo tutta questa partecipazione che continua ad esserci.
Domanda di rito, da qualche tempo a questa parte: In 365 giorni di immobilismo in cui le istituzioni non hanno fatto praticamente nulla per i musicisti, in che modo si potrebbe ripartire? Cosa fa per (soprav)vivere un musicista a cui viene impedito di lavorare?
Che le istituzioni non abbiano fatto nulla non è del tutto vero. Come dicevo i musicisti e gli autori sono stati sostenuti (se pur con pochissime risorse, e di questo io non so trovare responsabili). Quelli che hanno pagato di più sono invece gli spazi della musica dal vivo (il cui stillicidio di chiusure permanenti è rattristante), luoghi dove si poteva e si può operare in sicurezza, mentre i tifosi sono liberi di assembrarsi in nome di gente che continua a guadagnare milioni e che in una realtà parallela e più giusta avrebbe solo riempito le prigioni di tutto il mondo.
Alla domanda “cosa fa un musicista per sopravvivere a cui viene impedito di lavorare” rispondo che innanzitutto bisogna distinguere tra chi fa questo unicamente nella vita (dopo decenni di studio, preparazione e sabbia nei denti) e chi un lavoro ce l’ha e fa il musicista per hobby e che nei mesi scorsi non ha avuto vergogna a far bella mostra del tag #iolavoroconlamusica, mischiandosi alle vere e proprie vittime di questo stop forzato: artisti ma anche tecnici del suono e luci, operai, facchini, ecc. Per chi come me invece conta solo su concerti, qualche copia venduta e sessioni in studio di registrazione, l’unico modo è INVENTARSI la soluzione a ogni problema. La fame aguzza l’ingegno.
1. So Hard
2. Cinéma Vérité
3. Dress Code
4. Surface
5. Housekeeping
6. Her Last Meal
7. Toxin
8. Put Yourself Aside
9. Voices
10. Shutter