
Amerigo Verardi è, probabilmente, la penna e la “mente musicale” più sottovalutata di una generazione o almeno lo è per chi scrive qui. Se penso alla discografia dei Lula o a quella degli Allison Run, già solo queste due parentesi mi fanno dire che sia stato uno degli autori più influenti di sempre della scena rock italiana, tralasciando persino le sue collaborazioni con Baustelle, Virginiana Miller, Manuel Agnelli tra gli altri: adesso si riaffaccia ad un lavoro solista (dopo il magnifico “Hippie Dixit” del 2016) con un concept album che, di nuovo, ne rivela la fervida creatività compositiva e la penna capace di descrivere sfumature e sensazioni inarrivabili per i più.
Un sogno di Maila è letteralmente il percorso di una vita in musica, guidato dal tema centrale del sogno: partendo dalla provenienza di una vita precedente, si corre, o meglio si passeggia, tra nascita, infanzia, adolescenza, maturità, morte e proiezione verso una nuova vita di Maila, la nostra protagonista. Spettatori via via più coinvolti e affezionati, ci si sofferma a rimirare punti del paesaggio di cui è composta una vita intera e ci si scopre a riflettere sulla propria, mentre le sensazioni e i sogni della piccola Maila si fanno via via più reali e spesso diventano pie illusioni, come quelli di ciascuno di noi.
20 brani (in realtà 15 e 5 intermezzi) che poi, in realtà, su cd sono un’unica lunga traccia di 77 minuti, segno che l’invito è a fare il percorso con Maila, senza saltare le tappe ma godendosi il viaggio, col rischio altrimenti di non arrivare a comprendere fino in fondo il significato di quella vita (perché poi, alla fine, tutto quello che le e ci succede dovrà avere un senso… o forse no?), mentre le note di Verardi ci conducono a immaginare orizzonti beatlesiani (gli echi di Sgt. Pepper) o barrettiani (la psichedelia come elemento centrale), con quella spruzzata di Battiato che rende tutto più mistico.
In un mondo in cui prendersi tempo per ascoltare è diventato un lusso inarrivabile, in un momento storico in cui ci ritroviamo però a dover stare chiusi in casa e con noi stessi più del previsto, Amerigo Verardi ci regala la colonna sonora perfetta, della quale invita a godere e assaporare ogni parola, ogni sfaccettatura.
Siamo di fronte a un disco come non se ne fanno più, un gioiello vero, di cui è sufficiente avere cura. L’unico invito possibile è quello all’ascolto, attento, vitale, partecipato.
(Alessio Gallorini)
