
Uscito totalmente a sorpresa, a poco più di un anno da “Ghosteen” e a pochi mesi dal live “Idiot Prayer” (in cui si esibiva da solo in un deserto Alexandra Palace), Carnage è la nuova creatura di Nick Cave e Warren Ellis, duo ormai inscindibile che somiglia più a un unico organismo piuttosto che a due menti e creatività distinte: con “Carnage” prosegue il loro percorso di sperimentazione, con la musica di King Ink che diviene sempre più liturgica.
Se “Ghosteen” era un disco di una densità talmente viscosa che lo rendeva difficilmente affrontabile, poiché si veniva sormontati dal dolore espresso da Cave, con “Carnage” di quel dolore restano gli strascichi, si parte per un viaggio introspettivo per allontanarsi dal lutto e riscoprire il contesto del mondo, un mondo dentro a una catastrofe pandemica.
L’angoscia resta fedele compagna di strada, così come l’urgenza espressiva, ma gli squarci di luce nelle melodie fanno tornare a brillare gli occhi di bellezza, come accadeva nel finale speranzoso di “Ghosteen”: l’apertura di “White Elephant”, una vera e propria elegia, seguita da una “Albuquerque” che si rivela custode di estrema dolcezza rispetto all’apocalisse del mondo, un posto dell’anima in cui le lacrime possono scorrere placide, senza vergogna, fanno da apripista a “Lavender Fields”, che prefigura immagini di un paradiso in cui lasciarsi alle spalle le crudeltà del mondo, dopo un viaggio solitario e spaventoso tra i campi di lavanda “che ha macchiato la mia pelle e mi ha reso strano”.
La chiusura di “Balcony Man” disegna il rifugio ideale dal “Carnaio” del mondo: la propria casa, il proprio letto, il proprio balcone da cui osservare e non farsi toccare, accanto alla persona amata. “This morning is amazing and so are you” canta Nick Cave. E ancora una volta il reverendo Cave, il santone, il profeta dell’apocalisse ci regala squarci di grazia: come un moderno Virgilio ci ha guidato tra gli inferi dei (e nei) suoi ultimi dischi (e della sua vita privata) e adesso ci dice: il mondo è un “Carnaio”, ma l’amore esiste e lo avete a portata di mano. Èla liturgia della vita e, se resistiamo ai momenti in cui tutto appare scuro e il dolore ci piega fino quasi a spezzarci, alla fine riusciremo sempre a trovare un angolo di bellezza in cui acquietare la propria rabbia e il proprio stesso dolore. Il dantesco cielo stellato una volta usciti dall’inferno, in Nick Cave si trasforma in un balcone e una camera da letto in cui stare accoccolati con chi si ama, godendosi il sole mattutino.
“Dancing round your world with my hands and feet.
And this much I know to be true
Yeah this much I know to be true.”
(Alessio Gallorini)
