
Ad ottobre 2020 è arrivato un nuovo disco dei Metz: Atlas Vending. Il trio canadese è, oramai, da quasi dieci anni sulla cresta di un’onda distorta, pronta a deflagrare senza soluzione di continuità.
Ribattezzati “nuovi Nirvana”, i tre punk rockers non si sono mai curati troppo delle definizioni ed hanno inanellato una serie di successi di critica e pubblico invidiabili. I Metz sono una band in grado di mettere d’accordo un po’ tutti quanti: neofiti del rock, cariatidi degli anni 90 e ascoltatori occasionali. La formula ultracollaudata di ritmiche d’acciaio (fuso e incandescente), chitarre che fendono l’aria come rasoi e una voce tanto rognosa quanto espressiva ne hanno cementanto la notorietà, soprattutto in sede live.
Solo un anno fa avevamo avuto tra le orecchie la raccolta di rarità e b-sided “Automat“, ma con questo nuovo disco la faccenda si fa molto seria. I nostri, infatti, hanno concluso quel processo di maturazione, iniziato con “Strange Peace“ (2017), che li sta portando fuori dalle paludose acque del revivalismo. Sebben gli anni 90 siano tornati di moda già da un po’, i nostri stanno tracciando nuovamente un linea. Questa linea pone i tre canadesi oltre i propri maestri per farli diventare, a loro volta, alfieri di un nuovo sound. Questo è sicuramente derivativo nelle proprie origini, ma anche fresco e carico nell’energia profusa all’ascoltatore.
L’opener “Pulse” è un esempio di questo nuovo corso alimentato da tanta energia come anche da idee feroci e poco banali. La canzone si regge su ripetitivi riff monocordi, che la rendono una noise song micidiale. Il disco prosegue con pezzi stranamente melodici come la successiva “Blind Youth Industrial Park” che rimane, forse, il pezzo più “pop” del lotto. “Hail Taxi” è “riflessiva” e mette assieme una strofa nervosissima, con un ritornello (quasi) indie (quello dei Pavement, eh!). In generale, tutto il disco suona molto più armonico dei precedenti. Il noise rock è accoppiato sempre più a linee vocali assimilabili a ritornelli. C’è spazio addirittura per un pezzo post rock “Framed by the Comet’s Tail”.
La sintesi dei “nuovi” Metz è racchiusa nella conclusiva “A Boat To Drown in”, cavalcata di quasi otto minuti in cui melodia, distorsione, flusso di coscienza ed energia distruttiva convivono, generando bellezza.
In sintesi questo “Atlas Vending” conferma quanto di buono fatto finora dal trio canadese, portandoli ad essere riconosciuti come nuovi maestri della musica distorta occidentale.
(Aaron Giazzon)
