Oriehdo e Akero provengono entrambi dal circuito musicale pugliese: il primo, Vito Colella, ha bazzicato in band e scene prevalentemente rock e metal mentre il secondo, Angelo Abbruzzese, trova la sua dimensione ideale nell’hip-hop declinato nelle sue varie forme senza disdegnare digressioni verso soluzioni più elettroniche.
Grazie a questa diversità di visione nasce un progetto davvero interessante che trova in “So Lonely” la sua giusta coronazione: siamo dalle parti di un electro pop molto elegante e notturno, come certi suoni nordeuropei ci hanno abituato (molto bene), non c’è traccia del background di Vito tuttavia questo non è un ostacolo o un difetto per la riuscita del primo singolo che risulta invece azzeccato in tutte le sue parti.
Avendo il brano in anteprima streaming ho approfittato dell’occasione per scambiare qualche impressione con i due musicisti. Qua sotto l’intervista e più il player con “So Lonely”.
Intanto ci spiegate i moniker che vi siete scelti e in quale modo vi siete incontrati artisticamente?
Oriehdo: Ho impiegato anni per decidere il mio nome d’arte, a tratti ho anche sperato che me lo assegnasse qualcun altro. Ad un certo punto però, forse anche stanco dei vari tentativi, ho deciso di chiamarmi come già alcuni amici mi chiamavano scherzosamente: “Oriehdo”. Questo nome non è altro che il nickname che ho sempre utilizzato nei videogiochi.
Akero: Come fa più o meno ogni musicista, come prima cosa ho cercato di trovare qualcosa inerente al mio nome di battesimo, Angelo, e tutte le traduzioni di questo nome in altre lingue. Mi sono imbattuto nel significato e utilizzo più religioso del mio nome, nella traduzione di Angelo in miceneo, nello specifico nella scrittura linear B che è la prima scrittura greca risalente al XIV/XII secolo. Qui il termine Akero (Angelo), va a significare “messaggero”, “messaggero degli dei”, personalmente ho interpretato questo significato in “messaggero della mia esperienza”, quello che voglio è trasmettere quello che provo e che ho provato in particolari momenti della mia vita, sono spinto dal desiderio di voler immortalare le emozioni che questa vita mi lascia. E che modo migliore della musica per farlo?
Nella bio si legge che uno proviene dal panorama metal/alternative e l’altro dalla musica elettronica declinata all’Hip Hop. Chi dei due si è avvicinato più all’altro e come siete riusciti a far confluire il differente background musicale?
Ci siamo conosciuti al MAST di Bari, dove abbiamo seguito il corso accademico Bachelor of arts Commercial music.
Penso che sia stata proprio la nostra diversità ad averci avvicinato. Negli anni passati insieme in Accademia abbiamo avuto modo di conoscere le qualità l’uno dell’altro ed è stato naturale per entrambi venirci incontro. Angelo si è appassionato alla mia voce alta e raschiata ed ha immaginato sin dall’inizio di riuscire a farla suonare all’interno di una sua traccia. Io, invece, cercavo qualcosa di nuovo per me, avevo bisogno di mettermi alla prova, ed anche se inizialmente non riuscivo ad essere sicuro fosse la strada giusta, vedevo comunque qualcosa in quello che faceva Angelo che andava al di sopra del genere musicale. Angelo è riuscito a sentire la mia rabbia e le mie paure, e con tanta empatia e professionalità le ha trasformate in suoni.
Il singolo che abbiamo in anteprima mostra di che pasta siete fatti. Com’è nato e cosa volevate raccontare?
So Lonely nasce in un periodo storico dove la depressione è tra le malattie mentali più diffuse al mondo, dovuto anche alle conseguenze catastrofiche portate dal Covid-19. Con questo brano abbiamo cercato di dare voce a tutte le persone che soffrono di questa terrificante malattia e allo stesso modo provato a dare loro la forza di tornare a credere in qualcosa. So Lonely è un grido d’aiuto nato nel buio.
Ascoltando “So Lonely” sembra che l’aspetto musicale viaggi più su binari soul intrisi di electro-pop. State già lavorando al disco di debutto? Cosa ci dobbiamo aspettare?
Stiamo lavorando per il nostro primo album insieme, e nel prossimo mese ci saranno già novità. Vi potete aspettare di tutto, uscirà fuori un album dinamico, eterogeneo e comunque coerente. Ma non possiamo ancora svelarvi nulla.
Con il comparto della cultura e dello spettacolo praticamente fermi da marzo – parlo della situazione live bloccata a causa del covid – il futuro sembra molto più incerto per chi lavora in questo settore. Come state vivendo questa situazione e quali proposte pensiate siano valide per continuare a fare musica senza potersi esibire davanti ad un pubblico?
O: È un brutto periodo per i musicisti ma non è un brutto periodo per l’arte. Noi che abbiamo da poco iniziato questa collaborazione, possiamo solo cercare di prendere il “meglio” da questa situazione per creare qualcosa di bello, con la speranza di poterci esibire non appena avremo tirato fuori l’album.
A: L’unica cosa che si può fare per il momento è quella di continuare a creare e di sfruttare al massimo i canali social disponibili attualmente, condividendo i progetti dei musicisti del territorio e non, in modo da riuscire a costruire un ambiente collaborativo e di condivisione fra di noi, perché è di questo che abbiamo bisogno, ed è questo lo scopo della musica. A riguardo sto avviando insieme al mio socio Giacomo Lippolis, e ad altri miei colleghi, il collettivo Crepuscolo Hub. L’obiettivo di Crepuscolo Hub è quello di diventare un polo di condivisione di musica e arte, oltre che un luogo di collaborazione e confronto tra artisti emergenti, offrendo servizi professionali con lo scopo di aiutare gli artisti durante il loro percorso.
Ultima domanda per chiudere in leggerezza: cosa state ascoltando in questo periodo?
O: Sfortunatamente nell’ultimo periodo non riesco a dedicare molto tempo all’ascolto di musica. Forse l’artista che sto ascoltando di più è Gulliver, che nel febbraio 2020 ha tirato fuori “Terranova”, un album che consiglio a tutti.
A: Purtroppo mi sono accorto di ascoltare troppo poco in questo ultimo periodo, prima non facevo altro che ascoltare musica, avevo sempre le cuffie con me e non le staccavo mai. Odiavo anche chi me le toglieva per parlarmi mentre stavo ascoltando un mio brano preferito (penso sia una cosa odiata un po’ da tutti). Adesso tendo ad ascoltare in loop i miei lavori, perché devo capire dove funzionano e dove no, è davvero frustrante a volte, perché ascolto solo difetti.
Comunque quando devo ascoltare qualcosa, il primo artista che cerco in questi giorni è Four Tet (pseudonimo di Kieran Hebden), mi piace molto il suo modo di lavorare i campioni, e mi lascio trasportare dal groove dei suoi brani.