
Se si digitano su un qualsiasi motore di ricerca le parole Gotts Street Park viene fuori un simbolo della gentrificazione – un sontuoso campo da golf – ma anche il nome di una band che ha da poco pubblicato il secondo album, intitolato semplicemente Volume Two (facile indovinare il titolo del primo Ep, datato 2017). I Gotts Street Park si trovano (come anche il parco) a Leeds, tranquilla e non troppo costosa cittadina del Nord Inghilterra.
Da un’umile dimora situata in un quartiere popolare esce il suono vintage della band formata da Josh Crocker (basso), Adam Nicolle (batteria), Joe Harris (chitarra) e Tom Henry (tastiere). E l’abitazione di Crocker è parte integrante del sound intimo ed ovattato dei Gotts Street Park il cui obiettivo musicale è precisamente quello di creare atmosfere in grado di trasmettere la chimica che si sprigiona quando un gruppo di persone si riunisce per fare musica: “La musica moderna tende ad essere stratificata, assemblata in momenti differenti” – spiega Crocker ai tipi di Loudandquiet – “mentre in questo modo tutto si fa dal vivo con un piccolo gruppo di persone insieme in una stanza”.
Questa visione di procedere “come si faceva una volta” dà vita ad un elegante intreccio sonoro a volte un po’ di maniera (soprattutto nei brani strumentali) che riesce però a diffondere vibes morbide ed accoglienti. Il tutto veicolato dalla passione per gli strumenti “veri”.
La tendenza a diventare un piacevole sottofondo di amabili conversazioni serali viene decisamente soffocata dal coinvolgimento generato dai brani cantati (elemento determinante presente anche nel precedente lavoro), grazie alla collaborazione con alcune tra le più belle voci femminili in circolazione al momento, tutte londinesi (Zilo, Grand Pax, Rosie Lowe, Pip Millet) a parte una (Flikka).
Come dei Portishead che ri-arrangiano un soul-jazz dai contorni retro, questo disco rimarrà una delle (poche) cose belle dell’anno che sta per finire.
(Patrizia Lazzari)
