È da poco uscito “Toi“, nuovo album di Maria Barucco, o più semplicemente Maru: è un disco che racconta di sconfitte, cose perdute, ma anche di come dal perdere qualcosa per strada si possa imparare e crescere. Ne abbiamo parlato proprio con lei.
Questo disco è lo sguardo di una donna sul mondo e sulle relazioni, ci racconti come sei arrivata a una consapevolezza così profonda da riversare nei testi?
Avevo semplicemente la necessità e l’urgenza di dire qualcosa. Ho passato molti anni restando in silenzio, aspettando che le cose arrivassero in modo un po’ passivo.
Ho ritrovato la voglia di raccontarmi e vivermi per quello che sono davvero, ossia una persona che nel perdere tanto ha vinto in esperienza, forse anche in serenità. La scrittura è sempre un ottimo metodo di analisi personale, che tu voglia scrivere lettere, canzoni, un libro o semplicemente una lista. Tirare giù a penna ciò che vuoi dire è un ottimo antistress ed è sempre stato il mio miglior metodo per combattere le mie ansie e i miei dubbi, specialmente per dar loro un nome.

Il gioco resta una componente importante, fin dal titolo “TOI”; la libertà nei suoni era qualcosa che volevi sottolineare con questo disco?
Sicuramente ho deciso di non confinarmi in un unico genere. Un brano come Ctrl+Z, per esempio, appartiene quasi ad una sfera di sonorità hip hop/rnb e mai avrei pensato di tirar fuori un pezzo così. A darmi questa ed altre direzioni per le sonorità del disco sono stati Fabio Grande e Pietro Paroletti, due produttori eccezionali che mi hanno permesso di crescere sotto vari punti di vista, specialmente quello umano.
Abbiamo fatto molta attenzione alle sonorità del disco, a non lasciare niente al caso. Sicuramente lo stacco con il disco scorso è netto. Avevo bisogno di ridefinire la mia direzione musicale, di evolvermi in qualcosa di più vicino a quelle che oggi sono le mie corde.
Anche la ricerca fa parte del gioco e più stimoli si hanno, meglio è. Così mi sono iscritta al Conservatorio di Bologna, al corso di musica elettronica. Spero mi porti tante belle novità.
Quanto ha influito il lockdown nelle riflessioni presenti nei pezzi, nel tuo vedere le relazioni, o il disco era già tutto pronto in precedenza?
Il lockdown è stato tosto e ha messo a dura prova il disco e i tempi che volevamo rispettare, ma siamo andati comunque avanti, specialmente perchè dall’uscita di Quechua in poi il treno era già in corsa. Zitta ha un po’ risentito del lockdown: non potendo tornare in studio abbiamo dovuto utilizzare il poco materiale che avevo registrato a Roma prima di risalire a Bologna.
Di base sì, i pezzi erano pronti, ma non avevo ancora fatto chiarezza su quello che avevo detto e che avrei voluto dire, avevo bisogno di prendere un po’ le distanze.
Fino a pochi giorni prima dell’uscita del disco ho avuto paura che i brani non avessero una vera connessione tra loro. L’album non aveva ancora un titolo ed ero sormontata dai dubbi, poi ho avuto un’illuminazione e ho capito che il filo rosso tra tutti i concetti di cui parlavo era solo uno: è tutto un gioco. La musica, le relazioni, tutto ciò in cui vogliamo vincere per forza. Toi è la raccolta di diversi errori e diverse cose che ho perso. Ma se ciò che ho perso mi ha portata a scrivere, forse non è stato tutto da buttare.
Infine ti chiedo cosa dobbiamo aspettarci da MARU quando finalmente potremo tornare ai live?
Una bella svolta elettronica, spero. Ma anche solo la voglia di divertirmi.
Suonare mi manca molto e questo disco merita di essere portato in giro con le persone giuste e alle persone giuste.
(Alessio Gallorini)