In occasione dell’uscita di “Miasma“ e in concomitanza dei vent’anni di nascita del progetto OvO, abbiamo voluto porre qualche domanda a Bruno Dorella e Stefania Pedretti: ecco come è andata…
“Miasma” esce a vent’anni dall’inizio del progetto OvO, il disco ha un qualche significato anche celebrativo o era semplicemente il momento giusto per un nuovo album?
L’album in sé arriva indipendentemente dal ventennale. Era pronto già nel 2019, abbiamo dovuto aspettare un po’ di più per esigenza della nuova etichetta Artoffact. Per il ventennale stiamo lavorando adesso a qualcosa di speciale che speriamo veda la luce a fine anno, per la ricorrenza dei nostri primi due concerti (dicembre 2000).
Gli OvO hanno attraversato vent’anni di musica durante i quali sono cambiante tante cose. Che cosa, secondo voi, è cambiato maggiormente del vostro modo di fare musica e portarla in giro?
Uh, in vent’anni ne sono cambiate talmente tante… L’esempio più lampante è che abbiamo iniziato come gruppo di improvvisazione totale, aperto ad altri musicisti presenti in sala che potevano intervenire e suonare insieme a noi. Era un approccio free jazz, ma suonato da punk (noi) per punk (il nostro pubblico di allora, visto che suonavamo prevalentemente negli squat). Era anche una cosa nata un po’ per gioco. Avevamo tanti amici musicisti, c’era una vera rete anarco-punk: chi andava in giro a suonare era anche coinvolto in realtà antagoniste nella propria città, e quindi ci si scambiava l’opportunità di suonare in tutta Europa. Intorno al 2001-2002 siamo stati tra i primi a usare l’email (!) per organizzare tour. Prima si organizzavano via telefono in Italia, o via lettera di carta in Europa, perché telefonare costava troppo. Fa ridere oggi eh? Però funzionava. Abbiamo deciso di diventare stabilmente un duo e provare a vivere di musica. Poi è arrivato però lo strapotere di Internet, con la conseguente scelta tra non esistere, o esistere attraverso il sistema: da MySpace a YouTube a Facebook a Spotify a Instagram… Non sembrano esserci reali alternative. Una scelta tragica, nel senso greco di tragedia: non c’è scelta che escluda la colpa, non c’è scelta che non sia tragica. Cerchiamo di mantenere la maggiore integrità artistica possibile in questo momento davvero complesso.
In “Miasma”, così come anche nei dischi precedenti, ci sono molte collaborazioni con tanti artisti, che possono far pensare gli OvO come a un laboratorio aperto di sperimentazione, piuttosto che a un “semplice” duo, cosa ne pensate di questa visione del progetto?
Come detto prima, in parte lo siamo apertamente stati, durante i primi due anni (testimoniati dai nostri album “Assassine” e “Vae Victis”, recentemente ristampati dalla neonata Improved Sequence). Abbiamo fatto anche album in collaborazione con altri gruppi o musicisti: uno coi Rollerball, uno coi Nadja… Ma facciamo talmente tanti concerti in tour come duo che ormai vediamo queste collaborazioni come qualcosa di veramente estemporaneo. Sugli album è capitato di averne tante, come in “Miasma” o anche in “Abisso”, oppure nessuna come in “Creatura”. Diciamo che l’effetto quando non si hanno collaborazioni è più monolitico, perché in due abbiamo un numero più limitato di soluzioni, e quindi bisogna metterle estremamente a fuoco perché non risultino ripetitive. Con le collaborazioni si crea un mondo più vario ed eclettico, stando attenti a non renderlo dispersivo.
Ognuno di voi, oltre agli OvO, partecipa o ha partecipato a tanti altri progetti musicali ed artistici, che cosa contraddistingue gli OvO e qual è il segreto, se esiste, della longevità del progetto?
Il segreto della longevità non te lo sappiamo dire, siamo una famiglia, ma questo non basta a spiegarlo. Siamo partiti come coppia, da molti anni non lo siamo più, sarebbe stato facile dire a quel punto “ok, smettiamo”. Ma non ci è mai passato per la testa, nemmeno nei momenti peggiori. Sul cosa contraddistingue OvO dagli altri progetti crediamo ci siano da fare due discorsi separati per Bruno e Stefania. Per Bruno è piuttosto facile vedere le differenze con gli altri progetti. Suona generi e strumenti molto diversi in ognuno. Tra il chitarrismo armonioso dei Ronin e il batterismo tribale degli OvO l’unico filo conduttore è il suo eclettismo musicale. Per Stefania invece è tutto parte di uno stesso percorso, iniziato con le Allun e diramato poi nella durezza “composta” degli OvO da una parte, e nella ritualità pagana di ?Alos dall’altra. Sono due facce della stessa medaglia: gli OvO non potrebbero essere così compatti e mutevoli senza Bruno, e non potrebbero essere così originali e unici senza Stefania.
Da dove nasce la collaborazione con l’etichetta canadese Artoffact?
Abbiamo sempre avuto belle esperienze con le nostre etichette, quando abbiamo cambiato è sempre stato per cause di forza maggiore. Siamo stati bene con Load, Supernatural Cat e poi con Dio Drone. Però Dio Drone è gestita da una sola persona, economicamente non poteva aiutarci in tutto quello di cui avevamo bisogno, e noi non riuscivamo a integrare abbastanza per avere una promozione mondiale e una stampa sufficiente di vinili e cd. Quindi abbiamo cercato un’etichetta, all’inizio è stata dura perché arrivavano tanti complimenti ma nessuna offerta. Poi ne sono finalmente arrivate alcune, e abbiamo scelto Artoffact per attitudine e suono. Loro sono canadesi, veramente sul pezzo, ma vengono dal punk e sanno cosa vuol dire, e questo per noi è fondamentale.
I tour sono fermi ormai da oltre due mesi, quasi tre, causa Covid, come state vivendo questo periodo? Gli OvO sono sempre stati caratterizzati da un’intensa ed immensa attività live, la state riprogrammando? Che programmi avete per il futuro musicale del duo?
Come tutti, siamo confusi dalla mancanza di prospettive. Il tour di “Miasma”, che prevedeva una sessantina di date in questi tre mesi (e ne abbiamo fatte una dozzina…) sarà riprogrammato, ma nessuno sa come si evolverà la cosa. I gruppi underground, che suonano in locali piccoli a volumi alti, per un pubblico tendenzialmente esagitato, non possono davvero sapere come e quando potranno riprendere a suonare. Allo stesso tempo non dobbiamo fermare la nostra creatività. Dobbiamo reinventarci costantemente, è la caratteristica degli artisti. A volte questo succede per esigenza intima e creativa, altre volte lo impongono le circostanze esterne. Abbiamo visto che questa quarantena ha avuto anche aspetti positivi, dall’impatto sul pianeta alla riconquista del proprio tempo. Facciamone tesoro. Surfare i cambiamenti. Adattarsi senza abbassare la testa.
Quando? Noi siamo pronti a ripartire in qualsiasi momento. Nel frattempo facciamo altro.
Come? Non lo sappiamo. Dovremo fare rete. Una rete di artisti, se il nuovo modo di fare musica dovrà solo convivere con un’emergenza sanitaria. Una rete di ribelli, se l’emergenza sanitaria diventerà un eccesso di limitazione alle libertà personali e artistiche.
Siamo alla fine… a voi l’ultima parola…
In questo periodo apprezziamo più chi esprime dubbi, piuttosto che chi dispensa certezze. Teniamo i cervelli accesi.
Il 3 Giugno la band terrà un concerto in streaming dal Bronson. Qui prenoti il biglietto.
(Aaron Giazzon)