Dopo l’esordio del 2017 “Like Author, Like Daughter”, Madeline E. Johnston, colei che si nasconde dietro il moniker Midwife, ci regala un secondo lavoro tanto complesso quanto affascinante: le sei tracce che compongono Forever sono un viaggio dentro un momento doloroso e complicato della sua vita, segnato dalla scomparsa dell’amico e mentore Colin Ward (la cui voce ascoltiamo mentre declama un suo scritto in “C.R.F.W.”).
Madeline scava nel proprio dolore, fino ad arrivare all’accettazione dello stesso ed alla consapevolezza che la morte sia, in fondo, l’unica certezza e, paradossalmente, l’unica consolazione che abbiamo. Come se tutto si riducesse alla quiete.
Il suo suono, da lei stessa ribattezzato “heaven metal”, è un mix di chitarre shoegaze alla Slowdive che amoreggiano con la melodia, su cui la sua voce si posa soffice come una piuma (“Anyone can play guitar” è il brano manifesto in questo senso), guidandoci in un vortice emotivamente destabilizzante da cui si esce purificati.
Se nei quasi 9 minuti di “C.R.F.W.” Colin Ward sembra raccontare il suo commiato dalla vita nel paragone con le foglie autunnali, cui Madeline risponde a suo modo in musica, nella conclusiva “Swim” (se vi fa pensare ai My Bloody Valentine ci avete visto giusto) si arriva a quell’accettazione definitiva, alla luce in fondo al tunnel che si è andata cercando per i cinque brani precedenti: sembra quasi di spalancare una finestra su un cielo limpido che per troppo tempo ci si era lasciati sfuggire dietro i vetri opachi. “Forever” è un acquazzone seguito da un arcobaleno: un disco da cui rimanere sorpresi.
(Alessio Gallorini)