Il 29 febbraio è uscito “Superspleen vol. 1”, il nuovo album dei Non Voglio Che Clara, che tornano su disco a distanza di 5 anni dal precedente lavoro e lo fanno con un album che ci mostra sfaccettature inedite della band bellunese. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Fabio De Min, frontman del gruppo, per farci raccontare come è nato “Superspleen vol.1”.
5 anni sono passati da “L’Amore finchè dura“, come sono cambiati i Non Voglio che Clara in questo arco di tempo?Naturalmente mi piace pensare di essere migliorati come musicisti, per quel che riguarda l’approccio alla musica direi che è rimasto lo stesso, ma sicuramente il fatto di suonare fianco a fianco per tanto tempo ha migliorato la nostra consapevolezza di far parte di una band. Rispetto al disco precedente in “Superspleen vol.1” il lavoro di scrittura è stato se possibile ancora più condiviso, anche a distanza. Per qualche mese durante la lavorazione del disco Non voglio che Clara è stata una entità autonoma che abitava uno spazio cibernetico composto dai nostri cloud. È stato un po’ come stare in “Ubik” di Philip K.Dick.
Guardandola da fuori, che ne pensate della musica italiana attuale? C’è qualcosa che vi piace particolarmente o qualcosa che al contrario detestate?
La presenza nel mainstream di molta musica italiana che fino a qualche anno fa sarebbe stata relegata nell’indie, ammesso che abbia ancora senso distinguere le due categorie, è sicuramente un fatto positivo. A volte ho l’impressione però che la smania di arrivare conduca tutti a provare ad uscire dalla stessa porta e francamente alcune proposte le trovo indistinguibili da altre. Poi ci sono quelli bravi, come Dimartino per dirne uno.
Decidete di ripartire da “La Croazia”, che più che un luogo fisico, diventa quasi un luogo spirituale, di crescita. Cosa ha ispirato il brano e come mai la scelta della cala di Podrace?
È un brano che parla di scelte compiute in un determinato momento della vita, scelte buone e meno buone. La Croazia è un non-luogo in realtà, mentre la stagione estiva evoca la leggerezza con le quali affrontiamo tali scelte.
Il nuovo disco si intitolerà “Superspleen vol.1”, ci spieghi il concetto di superspleen? È un’ulteriore evoluzione dello spleen baudelaireiano?
Lo spleen è un concetto che mi ha ossessionato da piccolo, naturalmente a quel tempo ero arrivato a Baudelaire attraverso Jim Morrison, non che fossi in grado di decifrare la poesia francese dell’800. Forse il disco è più incline alla saudade portoghese, le cose di Lobo Antunes per capirci, ma superspleen mi sembra più figo di supersaudade.
Se dovessi dirci in cosa differisce il suono di questo nuovo lavoro dai precedenti cosa diresti? E quali ascolti hanno influito?
Si differenzia soprattutto nell’approccio, come tutti i nostri dischi in realtà, perché per mantenere vivo l’interesse e il divertimento nel fare musica ho sempre cercato di utilizzare approcci di volta in volta diversi. Credo che nella scrittura non bisogna essere in situazione di troppa comodità, bisogna provare a farsi lo sgambetto da soli, a seminare i pezzi di ostacoli e cercare di superarli. In tal senso hanno influito i nostri ascolti consueti, a volte abbiamo preso in prestito dagli Xtc un’idea per toglierci dall’impiccio, altre volte ho avuto lo spunto ascoltando un pezzo di Drake alla radio.
In quanto tempo è maturata la scrittura dei testi del disco e, se c’è, qual è stato il filo conduttore tra i dieci brani scelti?
Sono brani che nascono in periodi diversi, La Croazia è fra i più recenti, e il concept è che non ci fosse un concept, piuttosto l’intento di mettere insieme delle canzoni e confezionare il tutto in un disco. Abbiamo registrato una ventina di pezzi, ne abbiamo scelti dieci e abbiamo trovato un titolo come cappello.
Quando vi rivedremo live in giro per l’Italia? E’ una dimensione che vi è mancata in questi anni di assenza?
“Cristosanto amico non vedo l’ora di appoggiare il culo su quel rottame e guidare senza sosta giù fino a Santa Monica, dicono ci sia da divertirsi laggiù, se capisci cosa intendo.”
(Alessio Gallorini)