Holy Fuck – Deleter (2020 – Hoy EF Music)
Accomodiamoci sulla giostra plastica e claustrofobica degli Holy Fuck, band elettronica canadese che esce oggi col quinto album, Deleter, che giunge a sei anni da “Latin”, disco che proiettò la band nell’universo musicale electro.
“Deleter” è un album denso e, quando necessario, scuro, come nella traccia che dà il nome al disco. Altri episodi, come “Free Gloss” lasciano una band allegra e vivace, impegnata a trasformare i synth in un linguaggio festoso ma il tratto distintivo di tutto il nuovo album degli Holy Fuck è senza dubbio lo spessore dei sintetizzatori. Onde quadre come se piovesse, riff pesanti come macigni e in alcuni brani come “Moment” anche felici sventagliate di chitarre processate ma elettriche. Da questa scelta estetico-artistica di porre le tastiere sul proprio altare musicale deriva forse la scelta di affidare l’apertura dell’album ad Alexis Taylor degli Hot Chip, altra band conosciuta per il proprio rapporto morboso con i synth, in “Luxe”, che diventerà poi anche il primo singolo. Un lavoro che spinge molto sulla durezza dei suoni, che vengono mitigati da voci che ogni tanto appaiono in background. È un disco elettronico, poche storie a riguardo, ed è un disco elettronico fatto dannatamente bene.
(Mario Mucedola)
Gionata – L’America (2019 – Phonarchia Dischi)
Amori di provincia, serate, nostalgia e sbronze malinconiche: è questa L’America scoperta da Gionata, ex voce dei Violacida e adesso approdato alla prima fatica da solista. In questo esordio il giovane cantautore toscano porta in scena un pop-rock semplice e sincero, in cui si riesce a raccontare il passaggio, non proprio indolore, dalla spensieratezza dei 20 anni alle prime preoccupazioni dei trenta.
In questo senso “Oceano” è il brano manifesto: la consapevolezza della maturità che abbraccia immagini dell’infanzia.
Negli altri brani ricorre sempre la figura femminile, l’amore e questo senso di rimpianto verso un passato non troppo distante (“2009”), accompagnato dall’incertezza verso il futuro prossimo (“L’America”).
Insomma se avete tra i venticinque ed i trent’anni questo potrebbe diventare uno dei vostri dischi del cuore, o quantomeno smetterete di sentirvi soli e penserete che Gionata parla di voi, della vostra vita da universitari (magari fuori sede come in “Frigorifero”) o semplicemente di quella volta che vi siete sbronzati ad un concerto insieme ad un amico (“Firenze”).
E vi verrà da sorridere, con gli occhi un po’ lucidi.
(Alessio Gallorini)
Luca Flores – Innocence (2019 – Jazz Engine)
È un’emozione riascoltare il piano di Luca Flores a 25 anni dal suo suicidio. Il pianista annoverato tra i maggiori esponenti della scena jazz italiana a cui fu dedicato anche il commovente film “Piano, solo” è oggi protagonista della pubblicazione di un album di standard e brani originali ritrovati da poco e ad ieri ancora inediti. Le tracce, come spiega il fratello Paolo produttore dell’album, dovevano far parte di un concept-album sull’infanzia di Luca Flores passata in Mozambico, che avrebbe dovuto chiamarsi proprio Innocence, ma che invece divenne poi un album di piano solo, “For those I never knew” che uscì nel marzo 1995, dieci giorni prima della sua morte. Nel 2016, grazie al sound engineer che aveva curato le registrazioni e ad appassionati e studiosi della sua musica, riemersero le registrazioni integrali delle quattro sessioni di registrazione e da questo percorso di ricerche e ritrovamenti nasce la volontà di stampare un album di Luca Flores. Inutile sottolineare l’assoluta qualità dei brani, da quelli più briosi a quelli più malinconici, un lampo di luce in questo inverno gelido. È l’emozione che percorre queste sedici tracce a farla da padrone, una distesa di note che non può certo passare inosservata per tutti gli appassionati di musica vera.
(Mario Mucedola)
Tutti Fenomeni – Merce Funebre (42 records – 2020)
Giorgio Guarascio, colui che si nasconde dietro il moniker Tutti Fenomeni, è il trait d’union tra la trap e l’itpop: proveniente dall’ormai consolidata scena romana, prodotto da Niccolò Contessa (I Cani) il disco è evidentemente influenzato dalla mente di colui che si celava dietro il progetto più innovativo degli ultimi anni: Contessa ha infatti lavorato su testi e musiche e si sente. Da Battiato alla Dark Polo Gang, passando per la musica classica, in “Merce Funebre” i rimandi musicali e culturali non mancano, anzi abbondano, facendoci giocare quello strano gioco psichico per cui ogni volta che riconosciamo una fonte ci sentiamo appagati. Si parla di Filosofia e Metabolismo (non a caso due titoli di due pezzi) di Feynman ed Enrico Fermi, si cita Mogol che “non ha scritto l’infinito” e poi si passa a Hikmet, il tutto per dire che “almeno dal punto di vista culturale l’Italia è già a pezzi”. Come si può dargli torto?
Non si può, anzi si può solo rimanere affascinati da Tutti Fenomeni, capace di ricavarsi la sua nicchia di originalità in un momento storico in cui essere originali dal punto di vista musicale, in Italia, sembra quasi impossibile.
(Alessio Gallorini)