A chiusura della prima tranche di concerti che seguono alla pubblicazione di “Tradizione e Tradimento”, Niccolò Fabi fa tappa al Teatro Regio di Parma, per il concerto che chiuderà la serie invernale di live legati alla promozione del disco, mentre già sta annunciando le nuove date che lo vedranno impegnato da maggio in poi.Il Teatro Regio di Parma, con la sua costruzione ottocentesca, le sue pareti e i soffitti finemente affrescati e la sua maestosa galleria dalla quale si vedono bene i palchi di fronte ma per nulla il palcoscenico principale, è uno di quei tanti luoghi che si presumono votati interamente alla musica ma che nella pratica quotidiana risultano adatti solo a magnificare l’ego di una città totalmente votata alla vuota apparenza e alla sua esibizione.
Già solo il fatto che all’ingresso vi siano due file parallele, che ad un certo punto confluiscono in una fila unica che poi viene ulteriormente smistata in altre due code dopo che la maschera ti ha indirizzato verso il tuo settore in una specie di Snake compulsivo dà l’impressione della confusione gestionale che gravita attorno all’ente teatrale parmigiano, solitamente abituato a gestire folle di ottuagenari e giapponesi ma siamo qui per parlare d’altro.

(c) Federica Mazza
La serata non è particolarmente fredda e nel teatro prendono posto tutti i paganti con discreto anticipo, e Niccolò con discreta puntualità appare sul palco per lo show conclusivo del tour invernale. Sul palco, insieme a lui insolitamente defilato sulla destra, troviamo gli amici di sempre Roberto Angelini, Pier Cortese e Alberto Bianco, che riempiono il palco di strumenti e pedali dando l’impressione di trovarsi ad un concerto elettronico ma smontando subito l’impressione appena comincia il primo brano, “A prescindere da me”. Subito dopo viene concesso uno sfogo alle tastiere con “Amori con le ali”, che con il suo giro ipnotico di synth rapisce il teatro che si lancia in un caloroso applauso prima che Fabi annunci “Io sono l’altro”, primo singolo di “Tradizione e tradimento”, a cui segue immediata “I giorni dell’abbandono”, brano scritto con lo stesso Pier Cortese e – opinione personale – uno dei brani meglio riusciti del nuovo disco.
Dopo un inizio così movimentato (eh eh), ci meritiamo un po’ di pausa, ed infatti Fabi esegue “Nel blu”, prima di finire l’angolo promozionale ed iniziare un viaggio a ritroso nella sua discografia. Ci regala infatti tre brani dal disco precedente, che sono, in sequenza, “Una somma di piccole cose”, la dolcissima e mai banale “Facciamo finta” oltre a un brano che mi sembra sia passato sottotraccia nel complesso di un album che ha lasciato così tanta classe dietro di sé ed è “Filosofia agricola”.
Si viaggia nel tempo, e Niccolò tira fuori dal cilindro il primo dei suoi classiconi che trascina il pubblico in un singalong appassionato, e spiegando che il brano nasce dalla divisione longitudinale di un foglio A4, dove da una parte c’erano scritte cose piacevoli e dall’altra cose meno piacevoli, introduce così “È non è”. Dopo questo brano è tempo di fare un balzo in avanti a livello temporale, e tuffarci in “Solo un uomo”, da cui vengono eseguita la title-track e “La promessa” fino ad arrivare ad “Ecco”, l’album del 2012 che inaugura il filone del Fabi riflessivo e malinconico, da cui vengono estratte “Solo un uomo”, “Una buona idea” che pensando alla storia personale di Niccolò è ogni volta un pugno allo stomaco, smorzato solo in maniera parziale da “Indipendente” che prova quantomeno ad alleggerire il carico malinconico della canzone precedente.
Poi Fabi rimane solo sul palco, seduto davanti al piano con gli occhi di un intero teatro incollati addosso. Accenna due parole, una battuta con cui chiede di lasciare in tasca i cellulari per cinque minuti e poi con un piano solo, che non è certo un riferimento al tentato colpo di Stato del 1964, si lancia in un’interpretazione accorata di “Vince chi molla”.
Tornata la band sul palco, è tempo per “Una mano sugli occhi” prima e “Costruire” poi, in cui Niccolò riesce finalmente a coinvolgere il pubblico, che canta per lui e con lui il brano-principe della discografia del cantautore romano, dando l’impressione che Niccolò Fabi sia più presente nella sua storia che nel suo presente data la diversa capacità di coinvolgimento che hanno i brani dell’ultimo disco rispetto a quelli degli album precedenti, come se “Tradizione e tradimento” non fosse riuscito ancora a far breccia nel cuore degli ascoltatori. La dimostrazione sta nel fatto che esegue “Scotta”, che come prima canzone del disco viene accolta da scroscianti applausi ma, una volta tornato sul palco la stessa “Tradizione e tradimento”, eseguita voce e chitarra riscuote un’accoglienza piuttosto fredda e quasi annoiata.
Ma siamo a fine concerto e ci sono rimasti ancora dei classici da ascoltare. Si procede dunque con una versione straniante di “Vento d’estate”, che quasi lascia l’amaro in bocca ma poi si conclude alla grande con “Il negozio di antiquariato” e “Lasciarsi un giorno a Roma” che addirittura riesce a far saltare le persone nei palchi e a far cantare un teatro intero prima di sciogliersi in un applauso infinito che chiude due ore di musica eseguita con amore e passione intellegibile. Prima di uscire dal palco, però, i musicisti e Niccolò intonano “Era una notte che pioveva”, coro alpino che Massimo Bubola incluse nel suo “Quel lungo treno”, un ultimo regalo che Fabi e la band lasciano ai presenti prima di rompere le righe.
Un concerto intenso, che sfiora le due ore di lunghezza, in cui Niccolò ripercorre a ritroso tutte le tappe della sua carriera. Senza dubbio un bel regalo per gli appassionati del cantautore romano, che conferma di essere tra i numeri uno in Italia.
(Mario Mucedola)