Soffice, vaporoso, vulnerabile, narcotico, sognante, seducente… questi sono solo alcuni degli aggettivi con cui in generale viene descritto il primo lavoro da solista di Kazu Makino, affascinante ed inconfondibile voce dei Blonde Redhead.
Una vita all’insegna del caso, la sua, visto che dopo il trasferimento da Kyoto (sua città natale) a Tokyo si imbatte (!!!) in John Lurie che le propone di andare a New York con lui e le presenta i gemelli Pace, uno dei quali diventerà suo compagno (di vita e di lavoro).
La fine della storia sentimentale, la pausa dalla band e dalla vita frenetica di NYC la porta all’Isola d’Elba (dove trascorre ormai parte dell’anno) ed è qui, immersa nella tranquillità della natura, circondata dal mare, che nasce Adult Baby.
Per il suo debutto decide di farsi affiancare – tra gli altri – da musicisti come il percussionista brasiliano Mauro Refosco (già noto per la sua collaborazione con Atoms for Peace), Robbie Lee al flauto e il ben più noto connazionale Ryuichi Sakamoto al piano (oltre che dalla Art Orchestra di Budapest).
Il mondo della fantasia nel quale Kazu dichiara di rifugiarsi fin da piccola e la serenità ritrovata in un ambiente rilassante e solare sono le basi di partenza di questo album e la resa musicale riflette lo stile etereo e immaginifico proprio della Makino. Protagonista assoluta è la sua voce, solo apparentemente rarefatta ma in realtà incisiva e caratterizzata quanto un vero e proprio marchio.
La necessità dell’artista di liberarsi dall’oppressione della caotica ed inquinata metropoli statunitense è metafora del bisogno di ritrovare se stessa, sia in quanto persona che come musicista. E questo Adult Baby è un album molto personale, intimo e ricercato, di sicuro non facile e non liquidabile con un’etichetta di dream pop che mal si addice a pezzi come la fascinosa Salty, l’assolutamente filmica Come behind me, so good, l’elettronica orientaleggiante di Name and Age o alla delicata potenza di Undo.
“Adult Baby” è un lavoro profondo e interessante, a partire dal titolo (ispirato dal racconto di un amico su un locale frequentato da uomini importanti ai quali piace essere trattati come dei bambini piccoli); e in questa ricerca di se stessi, la propria infanzia e quanto questa determina gli adulti che poi si diventa è il tema al quale Kazu dichiara di essersi ispirata.
Non tutto è pregevole e alcuni passaggi sono rarefatti al limite dell’incomprensibilità (“Place of Birth”) ma anche di questo è fatto l’animo umano; di certo, i brani più lavorati dal punto di vista musicale sono quelli più interessati e decisamente più riusciti. Da maneggiare con cura.
(Patrizia Lazzari)