Sono sinceramente emozionato nel poter scrivere di un nuovo disco degli Uzeda. Dopo “Stella”, datato addirittura 2006, i quattro catanesi si erano dedicati chi ha progetti paralleli (Bellini), chi a farsi la propria vita. Non sono, comunque, mancati tanti concerti in giro per il mondo ed un festival organizzato ad hoc per celebrare i trent’anni di attività della band con ospiti del calibro di Shellac, June of 44 e The Ex.
Quocumque Jeceris Stabit, fuori per Overdrive Records e Temporary Residence, è un disco fresco, capace di rivitalizzare una carriera mai ferma, ma che abbisognava di nuovi stimoli e nuovo materiale da condividere con i fan.
Il disco è stato registrato da Steve Albini, come anche i precedenti, ormai storico amico e collaboratore in studio della band. Il suono, quindi, è quel misto di asperità ed immediatezza, che ha reso celebre sia il lavoro in studio del “vate” di Chicago, come la stessa band siciliana.
A distanza di oltre dieci anni da “Stella” e a oltre trenta dall’inizio della propria esistenza, non si può certo dire che gli Uzeda siano rimasti sempre uguali a se stessi. Come altre band altrettanto longeve, i nostri sono riusciti a mantenere una personalità del tutto originale ed inimitabile, come anche ad aggiornarsi, rinnovarsi e presentarsi sempre pronti ad ogni occasione, sia essa live piuttosto che in studio.
Rispetto al passato alcune asperità, come la complessità compositiva dei pezzi, si sono assottigliate. Tanto che un pezzo fantastico come “Mistakes” risulta stranamente melodico in un disco ed in una discografia tutto che aveva nella mancanza di “melodia”, comunemente intesa, una caratteristica fondante. Attenzione! Non sono qui a dire che gli Uzeda si sono “ammorbiditi”, ma certamente i tempi delle fiocinate noise cervelleotiche di “Different Section Wires” sono, giustamente, lontane più di vent’anni.
Il titolo stesso dell’album risulta profetico: “ovunque sia messo, sta”. Così lo voglio intendere e ci lasciano intendere i musicisti, che inanellano una serie di otto pezzi tutti pensati, suonati e registrati in maniera eccelsa per i dettami del noise rock, che gli Uzeda per primi hanno tracciato decenni fa.
Oltre alla già citata “Mistakes”, anche “Nothing But The Stars” si potrebbe definire un pezzo atipico col suo incedere melanconico e nervoso al tempo stesso e alcuni versi cantati con intensità e fierezza da Giovanna Cacciola.
La morbidezza di “Red” è, quasi, scioccante fino all’implosione finale, che fa deflagrare il pezzo su stesso.
Il disco si chiude con le veloci “Blind” e “The Preacher’s Tale” due pezzi che confermano l’alta qualità generale di questo ultimo lavoro dei siciliani.
Un ritorno, dunque, questo “Quocumque…” che non fa che confermare il ruolo di primo piano degli Uzeda nel panorama noise rock mondiale.
(Aaron Giazzon)