Anche in questo 2019 torna a farsi sentire con un nuovo disco uno dei cantautori più importanti degli ultimi dieci anni. Eh sì! Edda, al secolo Stefano Rampoldi, dopo essere stato il cantante dei Ritmo Tribale, è soprattutto un autore capacissimo e molto particolare, che dal suo ritorno sulle scene con “Semper Biot”, nel 2009, non ha mai sbagliato un colpo.
Con i suoi cinque dischi solisti, compreso questo nuovo Fru Fru, il milanese ha confermato una sensibilità assolutamente originale, un gusto artistico maledettamente accattivante e una poetica tanto scioccante, quanto vera ed immediata.
Il nuovo disco già dal titolo richiama alla tenerezza e alla morbidezza, anche se vissute in chiave di Edda, quindi grottesche, surreali ed umide.
Musicalmente siamo di fronte ad un nuovo cambio stilistico: “Graziosa Utopia” (2017) era un disco di sincero pop rock di scuola italiana, mentre qui siamo in un ambito puramente retro di musica leggera, che strizza l’occhio un po’ a Battiato, come anche ad interpreti degli anni 60/70 come Patty Pravo od Ornella Vanoni. A rimanere invariate sono la voce speciale di Edda e le sue liriche, sempre coinvolgenti e sconcertanti.
I primi tre pezzi del disco sono delle hit incredibili, che rimangono nel midollo dell’ascoltatore. La quarta canzone è una ballata dedicata alla madre scomparsa, quella Edda che ha dato un nome d’arte e, oso dire, un’identità alternativa al proprio figlio tanto estroso, quanto complesso. Il disco continua snello e veloce con pezzi tanto allegri (“Vanità”), quanto oltraggiosi (“Samsara”).
La chiusura è affidata a “Ovidio e Orazio”, un pezzo dinamico e sarcastico che si apre con un pensiero tanto chiaro quanto criptico: “Ovidio e Orazio mi avete rotto i coglioni – preferiscono i santi – almeno quelli lo fanno bene”. Il disco scorre davvero velocissimo, anche perché quattro pezzi su nove durano bene meno di tre minuti e nessuno superi i quattro.
Anche in quest’occasione troviamo, quindi, un Edda in grande forma, così come la splendida produzione di Luca Bossi.
Non ci resta che goderci appieno questo “Fru Fru”, aspettando il nuovo capitolo di una seconda carriera, a mio avviso, sensazionale.
(Aaron Giazzon)