Dopo nove anni a Treviso, Home Festival ha cambiato città: da quest’anno (grazie alla collaborazione avviata con le istituzioni locali) si svolge nel Parco Giuliano di Venezia Mestre, un’area di 70 ettari risistemata per l’occasione, con un contratto che legherà la manifestazione alla location per i prossimi nove anni. Con 3 milioni di euro totali di investimento si è inaugurata un’ambiziosa edizione zero di un festival che punta a diventare uno dei più imponenti sul territorio nazionale.
L’idea di partenza è quella di portare anche in Italia eventi già consolidati all’estero (il riferimento più nominato è lo Sziget), dove l’intrattenimento principale è la musica attraverso la quale si punta a creare una comunità di persone che possano trovare spazi di aggregazione in cui poter mangiare, bere, riposarsi o curiosare tra gli stand.
La promozione della tre giorni veneziana è stata intensa, non solo sui social, radio, tv e giornali ma anche in giro per la città; sparsi ovunque si notavano enormi cartelloni che pubblicizzavano l’evento e la corposa line-up.
E proprio quest’ultima è stata la prima vera nota dolente: a meno di due settimane dall’inizio, con numerosi biglietti già venduti (e gente, proveniente anche dall’estero, che aveva speso soldi per viaggio e soggiorno) i concerti dei nomi di punta sono stati annullati: Aphex Twin, Jon Hopkins, The Vaccines, Mura Masa, Modeselektor, Pusha-T, Moodyman e Adam Beyer non hanno suonato perché, come recitava lo scarno comunicato stampa, “Il parco è stato interessato da grandi lavori di sistemazione per preparare l’evento, alcuni appena terminati. Per questo motivo abbiamo dovuto rimodulare l’area cancellando un palco”.
Il cartellone proponeva in totale quasi cento artisti tra palco principale e i due minori (Firestone e Hero stage) ma di sicuro Elettra Lamborghini non genera la stessa attrattiva di Aphex Twin, perlomeno dal punto di vista musicale.
Le accese polemiche (alcune delle quali stavano per tramutarsi in una vera e propria class action, dato che inizialmente l’unico rimborso previsto era costituito da biglietti omaggio per amici e birre gratis) hanno fatto partire quella che doveva essere una delle più importanti kermesse musicali italiane di quest’anno col piede sbagliato. Per rimediare gli organizzatori hanno puntato su agevolazioni per i cittadini, biglietti scontati per famiglie e minori di 16 anni accompagnati dai genitori.
Reduci dalla recente esperienza del Firenze Rocks il paragone è sorto spontaneo: là code infinite ed estenuanti per qualsiasi cosa (ritiro biglietto, entrata, bagni), qua tutto molto meglio organizzato e vivibile (per quanto a Firenze l’affluenza è stata molto più massiccia – 40000 presenze solo nella prima giornata a fronte delle circa 20000 distribuite nei tre giorni veneziani), là prezzi assurdi e una vera e propria ossessione per l’aspetto commerciale, qua stand di vario genere e sicuramente più “allineati” con un festival musicale (oltre a prezzi più accessibili e proposte gastronomiche per tutti i gusti), là il palco era inavvicinabile, qua tutti i palchi erano sistemati in maniera molto più fruibile.
Anche se, a questo proposito, va precisato che il Main Stage era collocato in una posizione tale da penalizzare gli artisti “minori” che si sono esibiti sul Firestone Stage mentre l’Hero Stage era in posizione ottimale rispetto agli altri due palchi ma a ridosso degli stand gastronomici. Il quarto palco invece era un semplice tendone con dj set.
La scarsa affluenza di pubblico è stata la seconda nota dolente di questa edizione ancora in rodaggio e l’esiguità dei presenti era sottolineata anche dall’ampio spazio disponibile; la maggior parte dei giovani e giovanissimi, alcuni accompagnati dai genitori, sono accorsi per i nomi più in voga (soprattutto di area trap).
Nonostante tutto si respirava un’atmosfera tranquilla e rilassata e passeggiare sui vialetti di questo bellissimo parco affacciato sulla laguna (dotato di poltrone gonfiabili e sdraio giganti) è un punto a favore degli organizzatori, che sono riusciti a creare una vera “home”. Meno apprezzabile invece la totale assenza dell’organizzazione in seguito ad una violenta grandinata che si è scatenata nel tardo pomeriggio di sabato, con un fuggi-fuggi generale di persone che non avevano un luogo dove ripararsi (nonostante il fatto che fossero stati previsti acquazzoni per il fine settimana).
Anche dal punto di vista musicale le perplessità restano molte: strizzare troppo l’occhio alle tendenze del momento (rap e trap) è sembrato un escamotage per infoltire il cartellone degli artisti ma ha determinato uno scadimento nella qualità delle proposte sonore (di certa retorica relativa alle periferie, di una ribellione finta fatta di gesti e slogan tutti uguali non se ne può più).
A parte Noyz Narcos, di elementi come Franco126, Anastasio, Sick Luke o Elettra Lamborghini se ne poteva tranquillamente fare a meno. Più interessanti e veraci invece Massimo Pericolo o Speranza, che si sono esibiti nell’Hero Stage.
Fortunatamente la giornata di sabato (penalizzata da una certa mediocrità delle esibizioni e dal temporale di cui si è già accennato) è stata allietata dall’ottima performance vocale di LP che si è esibita nell’unica data italiana dando prova di grande professionalità e calore e dall’esplosione dei beat elettronici di Brinna Knauss e di Paul Kalkbrenner (sorridente e rilassato), che hanno riscaldato letteralmente il pubblico (la temperatura si era notevolmente abbassata anche dal punto di vista meteorologico).
La giornata di domenica ha visto ancora meno presenze della precedente; le famiglie si sono entusiasmate per i Boomdabash (che si confermano buoni performer ma rischiano di trasformarsi in un gruppo da villaggio turistico visti i continui incitamenti verso il pubblico ad alzare le mani o a fare movimenti di gruppo!).
La maggior parte dei paganti aspettava Young Thug che non ha deluso le aspettative (per quanto i continui cenni allo stile del gangsta rap dei vecchi tempi – tra gigantografie di mitra proiettate in video e campionamenti di colpi di armi da fuoco ripetuti all’ossessione – mal si accostano a chi fa campagne pubblicitarie per Calvin Klein).
L’Home Festival è stato chiuso dai Bloc Party, ritornati sulle scene con una formazione completamente rinnovata e un Kele Oreke in gran forma (sebbene un poco appesantito); nonostante le ultime uscite della band siano francamente deludenti (il recente “Hymns” e il precedente “Four” non lasciano presagire nulla di buono per il loro futuro prossimo) i purtroppo pochissimi presenti sono stati deliziati dalla riproposizione integrale dell’album di esordio, quel “Silent Alarm” che tanto entusiasmo generò nella critica e non solo. Speriamo che ripartire dalle origini aiuti questi quattro musicisti a ritrovare l’ispirazione. Di certo sono stati generosi e coinvolgenti e sono riusciti a ricreare l’atmosfera di una gran bella festa.
In conclusione: questa prima edizione di Home Festival a Venezia si può dire riuscita a metà, le potenzialità ci sono tutte e sono rappresentate dalla location (spaziosa e fascinosa), dalla logistica (il potenziamento dei servizi pubblici e delle navette dirette ai parcheggi ha permesso di raggiungere un luogo non comodissimo dal punto di vista geografico senza creare eccessivi ingorghi), dai numerosi sponsor e dall’esperienza maturata negli anni a Treviso.
Certo, lo stravolgimento del cartellone a pochi giorni dall’inizio, con numerosi biglietti già venduti (a fronte di spiegazioni in merito non del tutto convincenti), e l’accostamento talvolta un po’ troppo azzardato tra artisti per certi versi incompatibili fra di loro hanno penalizzato l’evento, sia in termini di scarsa affluenza che di critiche per l’organizzazione.
Personalmente, pur non essendo un’amante dei festival, punterei su una maggiore qualità dei musicisti e su proposte sonore davvero nuove, così da poter connotare in modo più deciso l’identità che si vuole dare a questo Home Festival e far sì che davvero diventi il più importante festival musicale italiano.
(Patrizia Lazzari)
Foto: Paolo Tonus / Natascia Torres