C’è stato un tempo in cui ancora l’itpop non ci aveva mangiato il cuore, non ci aveva imposto di indossare le tute della Fila, non ci aveva venduto a forza gli occhiali da John Lennon ritardato e se avevi una band cercavi di uscire dalla provincia, invece che dipingerla atteggiandoti a Van Gogh delle dimensioni limitate. In quegli anni, anche scrivere musica era una forma di resistenza. Si sceglievano le parole, si stava attenti a come suonavano, e se suonavano male dovevano avere almeno un senso intenso, sennò meglio lasciar perdere. Le chitarre erano vere e alle batterie c’erano musicisti e non preset.
In quel periodo nascono e si formano i La Scimmia, band alt-rock trevigiana che torna oggi con Ti farò del male, secondo album dopo il primo del 2016, che si avvaleva della produzione di Giulio Ragno Favero. A ‘sto giro la produzione è affidata a Riccardo Damian, asso italiano della produzione e già Grammy Award per aver messo le mani su “Uptown Funk”, successo mondiale di Bruno Mars e Mark Ronson. Non è un disco lunghissimo, parliamo di sole nove tracce, eppure l’oggetto di questa recensione è un album finalmente diverso. Si sentono suoni sanguigni e intensi, distorsioni vere e canzoni che a livello di scrittura non hanno imperfezioni. C’è da cantare, c’è carica e arrangiamento, come se i Ministri si fossero evoluti senza diventare mammolette postadolescenziale, come si evince tranquillamente dal singolo “Parco Comunale”, che testimonia come l’energia e la melodia possano andare d’accordo senza dover sfociare per forza in brani rock senza testo o scritti senza musica. Quasi un miracolo italiano, quello dei La Scimmia che tirano fuori un album in grado di convincere già dal primo ascolto, creando la curiosità giusta per ascoltarlo di nuovo, che è poi la chiave del successo di ogni artista. Brani particolarmente degli di nota: “Altro inverno”, dolente spaccato di vita vissuta e “Distante”, avvelenata al punto giusto.
In definitiva questo “Ti farò del male” ha le carte in regola per consacrare La Scimmia. Sarà il tempo a darci ragione.
(Mario Mucedola)