Risorto dalle ceneri dell’ormai defunto alter ego Chat Faker, l’australiano Nick Murphy, a distanza di 5 anni dal fulminante esordio “Built on Glass”, torna con un nuovo lavoro sulla lunga distanza, che purtroppo non risulta centrato come il precedente.
Run fast, Sleep naked arriva dopo un lungo periodo di viaggi e riflessioni che si è concesso Murphy ma, invece del frutto di un artista maturo, cresciuto attraverso le sue esperienze di viaggio, sembra più che altro la produzione di un uomo confuso, che riesce a spaziare tra una ballad dalla malinconia palpabile (“Believe me”), fino a suoni latineggianti (avete presente Shawn Mendes?) e tutt’altro che azzeccati per le sue corde (“Sanity” ne è un esempio), in mezzo tutto un campionario di tracce dagli arrangiamenti enormemente curati (si veda “Yeah I care”) ma che spaziano fin troppo in mondi sonori distantissimi l’uno dall’altro, dal pop al soul fino all’elettronica. Manca però un quid fondamentale che caratterizzava il lavoro di Chet Faker: l’emozione.
Questo “Run fast, sleep naked” è un disco che, sì, invita fuor di metafora ad essere liberi e fare ciò che piace, ma che manca di profondità nella proposta, che risulta alla fine superficiale. Siamo alle prese con un musicista dal talento estremo (aiutato dal bravissimo Dave Harrington alla produzione) ma che rischia di perdersi per strada se non decide definitivamente che sentiero imboccare.
A mio avviso, quel sentiero è rappresentato dal pezzo finale del disco: “Message you at midnight”, un gioiellino in un disco che per il resto è un passo falso.
(Alessio Gallorini)