Nuvole che si stratificano su un cielo al tramonto. Minaccia pioggia. Una pioggia cupa e salvifica allo stesso tempo, una pioggia di cui avere timore, per poi scoprirsene rinfrescati. È questa l’immagine che si è mostrata nella mia mente ascoltando I am easy to find, ottava fatica dei National, che per l’occasione si sono trasformati da semplice band in un vero e proprio collettivo, viste le tante ospiti femminili (da Sharon Van Etten a This Is The Kit, passando per Lisa Hannigan e Gail Ann Dorsey) e hanno sfoderato un disco dalla potenza non solo sonora, ma visiva, inimmaginabile, coniugandolo per l’occasione ad uno short film dall’identico titolo diretto da Mike Mills (e che vede come protagonista Alicia Vikander, che riappare infatti sulla copertina dell’album).
Berninger e soci riflettono, ispirati dal film di Mills, sulla figura femminile, sull’identità, la propria e quella collettiva, riuscendo a mettere in musica la solitudine di ciascuno di noi, quello che ci separa dagli altri e che popola i nostri pensieri più oscuri. Ed era impossibile, per dare credibilità al lavoro, non appoggiarsi a voci femminili che sono vere e proprie protagoniste nei brani, così come Carin Bessner (moglie del cantante dei National) collabora ormai stabilmente alla scrittura dei brani. Il disco vive di amalgama e contrasti, di volta in volta, tra la voce di Berninger e quella femminile che lo accompagna: si passa dall’intersecarsi con Kate Stables (This Is The Kit) in “You had your soul with you”, al sublime duello tra Eve Owen e Matt in “Where is her head”, fino al dialogo tra anime che si consuma in “The pull of you”.
Quello dei National in questo disco è un percorso di catarsi, il percorso di un’anima che va via via alleggerendosi dei suoi pesi, come allontanandosi da noi, dal mondo, per purificarsi.
Momento chiave del lavoro è la straziante “Not in Kansas”, in cui, mentre Berninger evoca momenti della propria vita, sullo sfondo Dorsey, Hannigan e Stables interpretano alcuni passi di “Noble Experiment” dei Thinking Fellers Union Local 282.
Da lì si scorre verso la bellezza da bambino di “Rylan”, un bimbo atteso 7 anni (i National la propongono dal vivo almeno dal 2012 in varie versioni), per arrivare alla purificazione della finale “Light Years”, un brano commovente da ogni punto di vista, che sa racchiudere tutto quel senso di malinconia, distanza eppure liberazione che è sotteso spesso nella discografia della band di Cincinnati.
“I am easy to find” è un passo ulteriore nella carriera dei National, una band che dimostra di non essere chiusa in se stessa, ma capace di aprirsi a collaborazioni e contaminazioni, un vero e proprio collettivo artistico (basti pensare che oltre a Carin Bessner ai testi, anche la moglie di Bryce Dessner, la francese Mina Tindle, è una delle voci femminili del disco); gli arrangiamenti restano curatissimi, colti e minimali e regalano forza ai brani, rendendoli mai banali (merito di Bryce) e la voce baritonale di Berninger, grazie alla varietà delle collaborazioni, acquista colore.
Insomma, a nemmeno due anni da “Sleep Well Beast” i National esplorano una nuova strada e lo fanno con una consapevolezza e un’autorevolezza che forse nessuna band può vantare nel mondo, ad oggi e disegnano un’ottava meraviglia nella loro carriera costantemente in crescita. “I am easy to find” si avvia ad essere il disco dell’anno per questo 2019.
(Alessio Gallorini)