Rough Enough – Molto poco zen (2019 – OverDub Rec)
Si chiamano Rough Enough, sono un duo e arrivano da Catania, ma potrebbe benissimo essere la Detroit dei White Stripes: il loro è un rock senza vie di mezzo, che cerca di farsi largo in un momento storico in cui il punk-rock ha un po’ perso la via maestra ed è relegato nei garage.
Ma è proprio da quei garage che tutto è partito un tempo e i Rough Enough ne sono consapevoli e ci elargiscono la loro personale ricetta per lottare contro quest’epoca in cui l’individualismo e il menefreghismo la fanno da padroni; lungo i 12 pezzi che compongono questo secondo lavoro i due ragazzi siciliani invitano a una presa di coscienza, un’assunzione di responsabilità individuale, per cercare ognuno di fare qualcosa per migliorare il mondo in cui viviamo.
Lo fanno su un tappeto di chitarre ruvide, supportato da una batteria sbilenca e ficcante, su cui si adagia il cantato (a tratti quasi parlato) che ricorda in certi aspetti i primi Marlene Kuntz. “Molto poco zen” è uno di quei dischi da ascoltare a volume improponibile, disturbando i vicini, facendoli uscire in cortile per poi intavolarci una discussione su dove sta andando questa società.
Probabilmente non cambierà niente, o forse il vostro vicino inizierà a fare meglio la raccolta differenziata. O magari verrà a casa vostra e si metterà a fare headbanging sulle chitarre dei due.
In ogni caso, avrete dato alla loro musica la funzione “sociale” che Fabiano e Raffaele si prefiggevano. E nel 2019 sembra davvero una novità che ancora qualcuno consideri la musica veicolo per messaggi importanti.
(Alessio Gallorini)
Guido Maria Grillo – Senso (2019 – Barezzi Label)
La neonata Barezzi Label (frutto dello splendido festival che si svolge ogni anno a Parma e che ha avuto ospiti del calibro di Nils Frahm, Anna Calvi o Paolo Conte) sforna subito un gioiellino: Senso è il nuovo album di Guido Maria Grillo e, ascoltare un disco del genere nel 2019, fa veramente un effetto strano.
È un album essenzialmente d’altri tempi, orchestrale, un disco arioso in cui il cantato di Grillo, che per certi aspetti ricorda quello di Jeff Buckley, si erge imperioso su pezzi sinfonici come non siamo più abituati ad ascoltare, a metà tra Damien Rice e i Sigur Ros, niente che si sia sentito in Italia negli ultimi 10 anni almeno.
Tra omaggi a Verdi e una caratura che risulta evidente dopo circa due brani (“Corpo nudo” e “Nessuna cura” sono due gemme) Grillo tira fuori un disco da intenditori, uno di quei lavori che ti lasciano in testa la sensazione di essere senza tempo, perché di quello che succede in questo tempo se ne fregano. È un disco che pare costruito per il piacere di farlo, ovviamente sulla base di un cristallino talento.
Elegantissimo, curato fin nei minimi dettagli, in quegli anfratti sonori in cui gli archi e il pianoforte si incrociano, si “parlano”. È lì che ne percepisci la grandezza. Semplicemente “Senso” vi avvolgerà, e vi ritroverete in un’altra epoca.
(Alessio Gallorini)
Gomma – Sacrosanto (V4V – 2019)
Dopo il successo di “Toska” e il successivo EP “Vacanza” tornano i casertani Gomma e lo fanno con la consueta attitudine (post) punk. Sacrosanto è un disco cupo che ricorda tantissimo i primi Verdena ma al contempo si presenta anche attuale, con i suoi testi dritti e quasi crudi, fatti di frasi nette e brevi che Ilaria ci urla addosso. Poco spazio alla melodia e tanta carica, in un disco a dir poco adrenalinico, dirompente, tra immagini di fantasmi, case diroccate e messe (nere?) dopo cui andare in pace. Siamo di fronte al ritorno dell’emo-core, ammesso che se ne fosse mai andato. “Verme”, “Strade” e la conclusiva “Santa Messa” sono gli apici di questo lavoro che risulta forse un pochino ripetitivo su certe dinamiche sonore nell’arco di dieci pezzi, ma che è talmente dritto e frizzante da scorrere bene, a patto però che lo ascoltiate a volume altissimo. “Sacrosanto” si ascolta solo così, fino al momento in cui il vicino vi bussa alla porta. In quel momento “la messa è finita, andate in pace”, come ripete Ilaria alla fine del disco.
(Alessio Gallorini)