Esce all’inizio di Febbraio il quinto lavoro e terzo concept album per Murubutu (al secolo Alessio Mariani), rapper reggiano attivo come solista dal 2009 ma già parte del collettivo La Kattiveria. Il professore-rapper, l’inventore della letteraturap, il compositore dei rapconti: queste sono sono alcune delle definizioni alle quali Murubutu è stato accostato e che, al di là delle etichette, rendono l’idea di una proposta musicale originale ed inconsueta: un flusso di parole denso di riferimenti letterari dove rime e assonanze costruiscono uno storytelling di alto livello culturale.
Artista + Rap + Cultura è qualcosa che in generale viene percepito come insolito e singolare e questo la dice lunga sullo stato di certa musica, soprattutto italiana, dove le rime più famose sono solecuoreamore e mangiare un panino e un bicchiere di vino.
Dopo il Mare e il Vento, stavolta – come il titolo lascia presagire – è la Notte la protagonista del disco (Fitzgerald è il primo ma non l’unico dei numerosi richiami ad autori e testi letterari che si ritrovano lungo tutto il disco: Rigoni Stern, Dostevskji, Kafka, Ishiguro, Haruf).
La Notte non è solo il tema conduttore dei testi ma è alla base di un processo compositivo che ha saputo elaborare metriche dall’incedere quasi mistico ed interpretazioni canore riflessive e talvolta quasi sussurrate, così da connotare l’intera atmosfera sonora dell’Lp.
Per un cantautore come Murubutu – tanto bravo con le parole da essere spesso paragonato a De André – è inevitabile che l’attenzione principale dell’ascoltatore sia concentrata sulle liriche: e mai come in questo caso tale sostantivo risulta essere appropriato, dato che quelle che solitamente si definiscono “canzoni” qui raggiungono, in più punti, la dignità della Poesia.
Ma si nota, come già in L’uomo che viaggiava nel vento (e altri racconti di brezze e correnti), uno sbilanciamento verso melodie più pop, dove il ritmo incalzante del flow si sposa piacevolmente con strofe e ritornelli e la Parola si fa Musica; e così il parlato e il cantato si intrecciano, si alternano, pensieri e note si rincorrono tenendosi per mano: questo è il più grande risultato di un lavoro maturo e complessivamente molto bello.
Le collaborazioni sono numerose quasi quanto quelle degli scrittori da cui Murubutu trae ispirazione: Il Tenente, Mezzosangue, Claver Gold, Willie Peyote, Dutch Nazari, DJ T Robb e molti altri; se questo rende l’album un lavoro corale, di ampio respiro e aperto a differenti apporti creativi, in alcuni passaggi penalizza l’efficacia di alcuni brani, come Occhiali da Luna, dove agli inserimenti vocali degli ospiti, con un timbro vocale leggero e a tratti inconsistente, si preferiscono di gran lunga quelli più profondi e marcati di Murubutu stesso, oppure “Omega Man”, il pezzo più rock dell’intero album, dove gli effetti scratchanti sono eccessivi ai limiti del fastidioso e le voci di La Kattiveria e Dj T-Robb non si legano compiutamente all’impronta hard del brano.
I brani che vedono la presenza di Daniela Galli – vocalist del dj milanese Benny Benassi (“Buonanotte”) e di Dia – corista soul – (“Tenebra è la notte”) beneficiano invece delle due voci femminili, che contribuiscono a rendere questi due pezzi tra i più significativi ed intensi dell’intero album.
Impossibile non menzionare l’ottimo Caparezza che, anche lui influenzato dall’evocativo mood notturno, è protagonista di una “Wordsworth” lunare e magica grazie anche alla sua voce, intenzionalmente sottotono, a rappresentare ottimamente la cornice crepuscolare che incastona il brano, capace di vivere di luce propria.
Ogni brano è un racconto che si può leggere adottando diversi punti di vista e non manca il rap ad uso didattico come “La Notte di San Bartolomeo”, il racconto del massacro degli Ugonotti ad opera dei cattolici; e chi mai avrebbe pensato che sarebbe stato possibile non solo imparare ma addirittura cantare un episodio storico tra i più noiosi dei libri scolastici quando durante un’interrogazione il voto massimo conseguito non avrebbe raggiunto un modesto 5 ½?
Di Murubutu si potrebbe scrivere molto altro, di ogni suo testo si potrebbe scrivere una recensione a parte, il professore liceale (eh sì, Vecchioni non è il solo insegnante che canta!) riesce a portare la Letteratura, la Filosofia, la Storia nella forma-canzone concepita all’interno di una sottocultura come quella dell’Hip-Hop – tra le più influenti di questi ultimi decenni – e usando il rap per esprimere concetti e pensieri; Murubutu riassume così: “L’hip hop è la cultura giovanile più diffusa degli ultimi trent’anni. La sua disciplina più esposta, il rap, esprime i mutamenti sociali: ora in negativo, quando diviene prodotto commerciale, con rappers imprenditori che veicolano messaggi discutibili, ma ora anche in positivo, quando diventa punto di aggregazione e baluardo nei territori contro le dinamiche di razzismo, alienazione e individualismo. L’hip hop è politica, in questo ultimo senso, tutti i giorni”.
Nonostante la censura algoritmica di Facebook abbia colpito anche il disegno della copertina di Tenebra è la Notte (opera dell’illustratore Capitan Artiglio), ritenuta troppo licenziosa (!), e nonostante la preoccupazione che l’intelligenza e la creatività possano essere limitate, in questa società liquida, da un combinato di numeri, resta la speranza che veicolare messaggi intensi e di spessore intellettuale attraverso la Musica sia una strada che molti decideranno di percorrere.
Strada che Murubutu, coerentemente, non ha mai smarrito.
(Patrizia Lazzari)