Alberto Nemo – Tildur (2019 – Ksenza Records)
Alberto Nemo sta al panorama musicale italiano come Aleister Crowley alla Chiesa Cattolica, un vegano alla mostra di Hermann Nitsch o la proiezione di “Brokeback Mountain” ad un cineforum di Casapound. La sua è una parabola in continua sperimentazione grazie ad una eccezionale versatilità vocale, unita ad una sensibilità sonora peculiare, che gli permette di arrivare dove vuole tanto che dopo il debutto con un disco dal vivo (l’affascinante “6×0 Live (vol 1)“), il successivo registrato in tape-reverse (“6×0“) si arriva a questo disco “del sonno” (tidur in Indonesiano significa proprio questo) dove tutti gli elementi cardine dell’estetica musicale di Alberto risplendono nel buio. I sette brani inediti – e qui si potrebbe aprire una parentesi anche sulla numerologia esoterica – conducono l’ascolto in un altrove intriso di sacro e profano, infatuazioni per i canti gregoriani e la neoclassica di casa Erased Tapes, ma anche allo studio scientifico sulle frequenze del suono che porta “tidur” ad essere ascoltato come fosse un lungo mantra meditativo da cui alla fine se ne esce con un senso di riconciliazione verso se stessi, anche quando molte delle trame sonore dell’album prediligono una zona d’ombra alla luce. Ho provato ad ascoltare il disco al contrario, anche qui ci sono brani registrati con la tecnica di “6×0”, tuto resta ugualmente ipnotico.
(Antonio Capone)
Starframes – Nicht Vergessen (Bulbart Records – 2018)
15 tracce per altrettanti capitoli, è questo l’ambizioso progetto che sta dietro il terzo lavoro degli Starframes: i 15 brani corrispondono infatti ai capitoli del racconto “Nicht Vergessen” scritto dal chitarrista/cantante Raphael Bramont. La storia, liberamente ispirata al romanzo “Stasiland” di Anna Funder, è ambientata a Berlino dagli anni ’40 ai giorni nostri, e segue interamente le vicende del protagonista Friedrich Braun.
“Nicht Vergessen” in tedesco significa “non dimenticare” ed è proprio questo il concetto cardine sia del disco che del racconto di Bramont: il protagonista ripercorre i momenti cardine del ventesimo secolo (a Berlino, scelta non casuale) e ci invita a non ripetere gli stessi errori; il tutto viene abbondantemente irrorato con dolci atmosfere dream-pop: siamo di fronte a una colonna sonora per un film che deve ancora uscire, un racconto per immagini finalizzato a una camminata nel centro di Berlino, tra la neve e il sole timido che fa appena capolino. Sono gli anni ’80 new wave di un Bowie che svetta impettito nel freddo, ma anche lo shoegaze dei Cocteau Twins. Un disco estremamente godibile, fatto di parole e riflessioni acute. Basta chiudere gli occhi e immergersi.
(Alessio Gallorini)
Neil Cowley & Ben Lukas Boysen – Grains & Motes (2019 – Mote)
È possibile mettere in musica il movimento dell’impercettibile? Ciò che a prima vista l’occhio umano non scorge ma che può essere rivelato soltanto al passaggio di un fascio luminoso?
Ecco dunque che se miliardi di particelle si muovono nell’aria creando una danza scoordinata ma piena di armonia i due compositori, Cowley e Boysen, si arrischiano nell’ardito compito di trovare un sorta di “soundtrack” da sfruttare quando appunto ci ritroviamo davanti alla “bellezza delle piccole cose”: quattro composizioni che si spostano impalpabili tra neoclassica ed elettronica. Note di pianoforte allungate per creare ambienti sospesi, beat che ne soppesano la consistenza, e synth dilatati che trasportano luccicanti luminescenze nella penombra. Tornando alla domanda iniziale se è possibile mettere in musica il movimento delle cose impercettibili la risposta è sì ma dura meno di quindici minuti. Tanto basta per restarne incantati.
(Antonio Capone)
Andrea Ruggiero – Casilino Moonlight Orchestra (2019 – Oltre le Mura Record)
Andrea Ruggiero è forse il violino più riconoscibile della scena rock italiana degli ultimi anni: capelli lunghissimi e un tocco leggiadro sullo strumento, se negli ultimi anni avete ascoltato un disco o visto un live di artisti come Giorgio Canali, Marina Rei, Riccardo Sinigallia e perfino Micah P. Hinson, beh, molto probabilmente quel violino era lui. Adesso, con l’aiuto di Matteo Scanicchio (con cui già aveva dato vita agli ottimi Operaja Criminale) porta finalmente sulle scene il suo nome in prima persona, col primo disco solista, dal titolo Casilino Moonlight Orchestra.
Un disco fatto, appunto, essenzialmente di violino, un disco che racconta la realtà di un quartiere multietnico, quello di Tor Pignattara, che rispecchia in pieno la società odierna e che prende a piene mani dai suoni del mondo, che sia Turchia, Arabia (“Sheherazade”), Africa o est asiatico (“In via labico”).
Roma, anzi Tor Pignattara, è un piccolo mondo in miniatura, in cui si incrociano storie, malinconie, ricordi e gioie, è una porta spalancata sul mondo, un mondo da cui lasciarsi contaminare senza averne paura.
“Casilino Moonlight Orchestra” è un inno alla diversità, al lasciarsi andare, ma anche a riflettere sul passato, cullati in una notte di luna, con lo sguardo sulla Casilina. È un disco personale e universale, che, uscendo oggi, porta con sè un messaggio importante su ciò che è la realtà italiana dei quartieri. A dispetto di quello che vogliono far passare tanti politicanti.
(Alessio Gallorini)