L’acqua è un elemento di passaggio. Un qualcosa in cui bisogna bagnarsi, per uscirne puliti, nuovi, rigenerati. E per solcarla, spesso, si deve fare fatica ed è da quella fatica che un nuotatore, anzi “il nuotatore”, come prototipo di figura psicologica, trae il piacere.
È esattamente con queste due sensazioni che deve fare i conti uno spettatore del nuovo tour dei Massimo Volume, tour che supporta non a caso il nuovo album Il Nuotatore. Stare lì, sotto il loro palco, mentre un elegantissimo Emidio Clementi in completo bordeaux scandisce ogni sillaba con una solennità stentorea e i colpi di batteria precisi e ficcanti di Vittoria Burattini vi si piantano nel cervello e scandiscono il tempo, non è solo assistere a un concerto maestoso, ma è prendere parte ad un rito. Un rito di purificazione. E come ogni rito di passaggio, richiede uno sforzo, quantomeno mentale: richiede attenzione, richiede amore, richiede cura.
Ed è questo quello che hanno saputo dare gli spettatori del Lumiere di Pisa ai Massimo Volume nella seconda delle due serate sold out andate in scena nel teatro-cinema toscano.
Le canzoni dei Massimo Volume vanno ascoltate con attenzione, pesando ogni parola che ti arriva addosso, densa come acqua melmosa, che sotto la superficie nasconde un tesoro: con lo stesso atteggiamento di Mimì che le ha scritte e le declama, riuscendo a far diventare episodi privati il racconto di un’universalità umana straordinaria, tra paura di fallire e voglia di riuscire, tra demoni da cui non si riesce a fuggire ed amori da ritrovare in un ipotetico domani, altrove.
Le facce attente, le orecchie tese, in attesa di quelle frasi “che riesco a ripetere, ma che non riesco a ricordare”, come un mantra che è ormai penetrato sotto la corteccia cerebrale, in profondità. È così che si comincia, con “Litio”, ed è da lì che si dipana il racconto, mentre “Le nostre ore contate” scorrono, impreziosite dalla chitarra di Egle Sommacal, efficacissimo ed essenziale, ben coadiuvato da Sara Ardizzoni, in un continuo dialogo, uno scontro tranquillo che è il perfetto contraltare di ciò che succede anche tra Mimì e Vittoria.
“Amica Prudenza”, “Nostra signora del caso”, “Silvia Camagni”, il Nietzsche salutista e imperturbabile di “Fred”: personaggi vecchi e nuovi scorrono saltando tra un’epoca ed un’altra, tra una dimensione ed un’altra, proprio come in un racconto di Cheever, anzi in quel racconto di Cheever da cui prende le mosse tutto. Ed eccola, “Il nuotatore”: la fragorosità del tuffo, la fatica della traversata, sempre maggiore, lo scorrere del tempo, delle dimensioni, la perdita. Sembra di entrare con Mimì in questa casa diroccata e abbandonata, in cui c’è appena stato un trasloco per un nuovo, imprecisato, altrove, come in “Qualcosa sulla vita”, dove però la proprietaria di casa risplende di una pelle bianchissima.
Si arriva così alla fine di questa nuotata purificatrice, in cui la nostra anima di ascoltatori attenti si è meritata il suo “Fuoco fatuo”: “Leo è questo che siamo?” riecheggia nel locale in visibilio prima dei saluti.
Esseri umani, nuotatori quotidiani che cercano di stare a galla, che a volte trovano il coraggio di mettere la testa sotto e si accorgono di quanta bellezza ci sia nel mettersi in gioco, nel rischiare di annegare. E nel ritrovarsi, semplicemente a “mollare gli ormeggi”, sotto il palco dei Massimo Volume.
(Alessio Gallorini)
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