La figura di un uomo solo, in forma, di spalle, che sta per tuffarsi in piscina e percorrerla, percorrerne due, cinque, dieci, come se non ci fosse un domani, o meglio troppo sicuro del suo domani. Che gli si polverizza intorno. Mentre lui diventa sempre più spossato. E sempre più solo.
È questa la figura del nuotatore tracciata da John Cheever nel suo racconto forse più celebre ed è da questa figura che partono Emidio Clementi e i Massimo Volume per sviluppare il loro nuovo album, uscito a quasi sei anni di distanza da “Aspettando i Barbari“: in questo nuovo lavoro la band bolognese prova a raccontare le solitudini e l’individualismo del nostro tempo, con la penna di Mimì che è, ancora una volta, acuta osservatrice di ciò che accade e capace di rimetterlo su carta in un modo efficace quanto evocativo.
Se si dovesse riassumere in un solo aggettivo Il Nuotatore si dovrebbe dire che è un disco essenziale: sono essenziali le linee di chitarra, lavorate e cesellate da Egle Sommacal, che per la prima volta si è trovato a gestirle interamente da solo, senza possibilità di dialogo con un secondo chitarrista (Stefano Pilia non ha partecipato alle registrazioni del disco in quanto impegnato in altri progetti, vedi Afterhours), è essenziale il nucleo dei Massimo Volume, rimasti in tre (Emidio Clementi, Vittoria Burattini e, appunto, Egle Sommacal), ridotti al loro cardine portante e forse per questo ancora più abili a costruire un disco senza sbavature, frutto di trent’anni di affiatamento. Sono essenziali perfino i versi, misurati, mai come in questo caso diritti verso un centro preciso delle storie che vanno raccontando.
Si mescolano fatti di cronaca, in cui un uomo solo si erge contro il male del mondo (“Una voce a Orlando”) ed eventi di vita privata, in cui la solitudine si fa evento personale, demone del gioco, rovina privata senza parvenza di riscatto (“La ditta di acqua minerale”) ed è proprio la rovina, il fallimento, l’altro grande tema del disco, soprattutto la paura di fallire, come in “Amica prudenza” che porta poi a giustificare noi stessi (“Vedremo domani”).
Clementi nuota in una enorme vasca in cui gli si addensano intorno le sue storie, che tentano di ancorarlo al fondo, ma lui riesce splendidamente a divincolarsi, “mollare gli ormeggi”, come diceva in una vecchia canzone e a spiccare il volo, come il tuffatore di Giuratesca memoria, e rinascere dall’acqua all’aria, immergendo solamente lo sguardo per poter raccontare il mondo. “Il Nuotatore” è un disco sublime, fatto di chitarre affilate e colpi di batteria precisi. Essenziali, di nuovo, è il termine esatto.
Essenziale è anche il nostro tempo ed i Massimo Volume sembrano saperlo bene, un tempo volto al mordi e fuggi, al qui ed ora, in cui ogni cosa si conosce in modo superficiale, al primo livello, in modo sufficiente per sostenere una breve conversazione sul tema e “stare a galla” (citando Deleuze), immersi più spesso in uno schermo bluastro di un telefonino o con lo sguardo verso un mare in cui non ci si tuffa, un po’ come i bagnanti della copertina nel dipinto di Leonotti, rielaborato graficamente da Marcello Petruzzi, troppo presi da loro stessi per godersi davvero il mare (che infatti in copertina si intravede appena).
Ognuno ha una storia, forse degna di essere raccontata, ma nessuno disposto ad ascoltarla. Questo è un disco fatto di storie, fatto di tempo che passa o è già passato, di vanità (“Mia madre e la morte del gen. Josè Sanjurjo”) e indecisioni (“Vedremo domani”), come le vite di tutti noi.
Basta avere il coraggio di tuffarsi e nuotare. Come il tredicenne raccontato da David Foster Wallace in “Per sempre lassù”, prendetevi un momento, respirate a pieni polmoni, fate un balzo sul trampolino e poi… giù.
La maestosa bellezza di questo disco vi aspetta: non cercate solamente di stare a galla, come nella citazione di Deleuze, mettete la testa sotto. Queste canzoni, queste storie, vanno ben oltre la superficie.
“Che facciamo se non sappiamo nuotare? Sguazziamo cercando disperatamente di stare a galla!
Esistere nel primo genere di conoscenza significa appunto questo: Sguazzare tra i flutti delle variazioni cercando di stare a galla.” (Gilles Deleuze)
(Alessio Gallorini)