Leggi Party Animal e ti scatta in testa una situazione ben precisa, o almeno è quello che immagino io, ovvero un personaggio dedito a bagordi notturni che non dice mai di no, si ubriaca ad ogni evento e dal giorno dopo ha un hangover lungo una settimana; uno di quegli individui invitati sempre ad ogni festa perché appunto danno il via alle danze e apportano all’ambiente quel pizzico di sregolatezza cui una festa degna di questo nome deve avere. E invece no, l’animale da festa che presento oggi su queste pagine è proprio agli antipodi, e per questo ci piace ancora di più.
Il progetto Party Animal nasce nel 2015, anche se gira nella testa del musicista molti anni prima, con l’intento di esprimere un’estetica indiefolk cantata in inglese con lo sguardo rivolto a Maestri vecchi e nuovi di quella scena come Sufjan Stevens, Elliot Smith, Nick Drake, Sparklehorse per certe visioni oniriche, e ad un certo tipo di agrodolce pop Beatlesiano . Con questi presupposti arriva Leave, secondo Ep prodotto da Dario Tatoli (Makai), cinque splendide tracce che faranno innamorare tutti gli estimatori del genere perché riescono a (con)fondere le influenze dei musicisti sopra elencati con una spiccata capacità compositiva, un talentuoso songwriter che ci sussurra in un orecchio quanto abbiamo bisogno di musica così in Italia, vagamente spensierata come una giornata estiva senza la superficialità del pop plasticoso che si ascolta oggi in radio. Ecco come PA presenta il suo album: “Le sensazioni di questo disco sono molto semplici. Quando hai appena finito una giornata al mare ed entri in macchina, magari solo, magari con qualche amico. Vai via lasciandoti il sole che tramonta alle tue spalle mentre hai ancora l’odore di salsedine sulla pelle. Accendi la radio e parte Leave, un disco da fine dell’estate.”
Il mini disco è uscito il 10 Gennaio via Dotto /Winter Beach/È un brutto posto dove vivere ed è in streaming completo qua sotto assieme al video di “Sometimes”. Ma c’è di più, il disco è talmente piaciuto da chiedere la possibilità di avere in free download esclusivo la prima traccia “Blackstar” per una settimana (QUI) e per l’occasione ho rivolto qualche domanda per scoprire di più su questo interessantissimo progetto.
Il nome che ti sei scelto per questo progetto farebbe pensare a qualcosa di estremamente selvaggio e invece ci troviamo davanti ad un mood completamente diverso. Com’è nato?
Delineare Party Animal non è semplice. È un progetto che è sempre stato in me da quando ho
iniziato a suonare, all’età di 15 anni. Passando per diverse band ho acquisito ad un certo punto
la consapevolezza di voler comporre musica da solo, rispettando solo le mie regole. Questo però
è stato possibile solo quando nel 2014 sono salito a Torino, azzerando tutti e ripartendo da una
chitarra acustica e da un taccuino. Il nome invece deriva da un pezzo, “Search:Party:Animal”, di
una band irlandese, gli And So I Watch You From Afar. In testa mi suonava interessante perché
per me il “Party Animal” si allontana molto dall’immaginario danzereccio, anzi è molto più
vicino al momento in cui l’anima va in letargo. Volevo legare il nome a questo tipo di
sensazione.
La copertina richiama sì ad un Estate in style “stand by me” ma senza i colori sgargianti di un acqua limpida, anzi a dirla tutta c’è un inquietante abisso sotto i due soggetti. Chi ha fatto quello scatto e per quale motivo lo hai scelto?
Lo scatto è di Francesco Catalano, consiglio a tutti di vedere la sua pagina tumblr. Per circa due
anni la copertina è stata un’altra, completamente diversa soprattutto per i colori sgargianti. Poi
per motivi legati alla grafica e alle scritte ho preferito cambiare con quest’altra immagine. Non
c’è nessun abisso sotto quei due ragazzi ma solo la spensieratezza, la tranquillità di un calore
estivo presente in tutti i pezzi del disco.
Un disco delicato e per certi versi “femminile”, nel senso che in due dei cinque brani presenti fai proprio i nomi di due donne. Puoi raccontarci di più?
Ad oggi penso che la delicatezza nella musica sia fondamentale. Prima ascoltavo molto hardcore
e cercavo la complessità negli arrangiamenti mentre oggi sono molto più affascinato dalla
semplicità di chi suona solo con la chitarra e la voce. Non a caso “Riviera”, in cui è presente uno
dei due nomi di donna è nato sul letto di casa mentre cercavo di trovare le parole giuste per
buttarmi il passato alle spalle. La musica è sempre propedeutica a pulire il proprio stato
d’animo.
Abbiamo scelto di presentare in anteprima il download di “Blackstar”. Come lo presenteresti a chi non conosce la tua musica?
Personalmente amo Blackstar. È stato l’ultimo pezzo inserito in Leave. Non riuscivo a trovare
bene il giusto compromesso fra musica e parole. Poi però in studio, grazie a Dario Tatoli ha preso
un respiro davvero profondo. I suoni cristallini volevo che catapultassero l’ascoltatore nello
spazio e che l’arrivo del piano alla fine del pezzo lo riportasse giù con una violenza inaudita. Fra
tutti i pezzi è l’unico che ha un arrangiamento che parla da se, come se gli strumenti avessero
voce propria, ognuno descrive una sensazione e tutto insieme si amalgama perfettamente.
Hai un suono e degli arrangiamenti davvero notevoli, mi permetto di fare dei nomi giusto per avvicinare la tua musica a chi ha bisogno di punti di riferimento: Sparklehorse, I am Kloot, Elliot Smith. Quali sono state le tue ispirazioni esterne?
Sono un grande fruitore di musica, passo molte ore nell’arco della giornata ad ascoltare e
cercare nuovi artisti che mi stimolino. Sparklehorse è stato il mio guru per buona parte della
composizione di Leave, anche perché non è facile staccarsi da “It’s a Wonderful Life”. Quando
ho iniziato la pre produzione però ho preferito discostarmi un pochino per avere un suono più
moderno, per non ricadere nei puri anni 90, che non amo molto. L’ascolto di Andy Shauf e Sufjan
Stevens è stato fondamentale proprio per avere un approccio più fresco. Comunque in tutto l’Ep
c’è una commistione di cose che fanno parte del mio background musicale. Esempio il finale di
“To The End” voleva essere un riferimento ai Verdena de Il Suicidio dei Samurai.
Viviamo in un’epoca in cui se non urli e non dici la tua verità (il più delle volte distorta) non sei nessuno. E invece tu decidi di sussurrare il tuo punto di vista sul mondo. Com’è la tua percezione dei tempi che stiamo vivendo?
La musica è un’espressione artistica e come tale è giusto che ci siano diversi modi per
esprimerla. Sono molto contento di poter sussurrare le mie canzoni all’orecchio di qualcuno,
anche perché questo è il modo che mi si addice di più. La verità al mondo d’oggi è altamente
distorta, però a me sembra che in questo periodo storico a piccoli sprazzi la musica stia
cercando di ristabilire una direzione. Vivo con dispiacere la tensione legata ai fattori politici del
nostro paese e in questo clima teso, nevrotico e cattivo penso che la dolcezza posso aiutare a
ristabilire un contatto con l’umanità.
Hai già qualche data dal vivo?
La presentazione di Leave avverrà a Milano il 23 Gennaio, un secret concert organizzato da thc
events. Nell’attesa di cercare un booking e delle date in band ci sarà sporadicamente qualche
data in acustico organizzata dalle etichette che mi supportano.
(Antonio Capone)