Pedro The Lion è il progetto solista di David Bazan che scrive musica con questo moniker dal lontano 1998, il debutto su lunga distanza fu “It’s Hard To Find a Friend”, mentre l’ultimo disco in studio è stato “Achilles Heels” del 2004 così quindici anni dopo arriva il successore Phoenix che sarà pubblicato il prossimo 18 Gennaio via Big Scary Monster/Polyvynil Records (qui il pre-order).
La storia del disco è ban raccontata nel presskit con cui è arrivata la notizia: tutto parte appunto dalla città dello Stato dell’Arizona che dà il titolo all’opera, era il 2016 e il songwriter non se la stava passando granché bene così tra un concerto e l’altro decise di deviare sulla tabella di marcia e passare una notte nella casa dei suoi nonni, luogo in cui era praticamente cresciuto ma che oramai era diventato irriconoscibile. Questo è stato lo spunto per riaprire il capitolo PTL e rimettersi in carreggiata, in tutti i sensi. “Phoenix” è diventata “un’ode al posto che ami ancora, nonostante quanto possa sembrare estraneo adesso. È la storia di una vita dall’inizio, ma non lineare. Questa vita è un cerchio, e “Phoenix” torna a quel primo punto, per mostrare che quando cerchiamo casa ci ritroveremo di nuovo a farlo, che sia nel deserto, in uno spazio per le prove o su un palco.”
Alcuni dettagli sulle registrazioni parlano di Bazan che scrive l’ossatura di tutti i brani e che una volta in studio ogni componente può dare il proprio apporto mentre si suona tutti assieme. È lo stesso David a parlarne “Ho trovato così tanta gioia a lavorare in questo modo. È venuto naturalmente e ha prodotto un sentimento e un suono che non avrebbe potuto esistere in nessun altro processo. Allo stesso tempo, ero anche consapevole del fatto che non tutti volevano suonare in una band in cui il cantante ha scritto tutte le parti e poteva eseguirle sul disco. Qualcuno ha anche suggerito che potrebbe non essere un approccio valido per avere una band in primo luogo. Essendo insicuro e volendo trovare cameratismo, sono entrato in conflitto per il mio processo naturale.” Poi aggiunge “Avevo abbandonato il mio modo naturale di lavorare nella speranza di creare spazio per una band coerente con cui scrivere… e non aveva funzionato. Così ho avuto uno spazio per le prove, ho suonato la batteria, il basso e la chitarra, e mi sono davvero dedicato nuovamente al mio processo originale. Mi sono sentito subito come a casa. In poco tempo mi sono reso conto di essere nuovamente Pedro the Lion.” Il primo estratto è “Yellow Bike”, singolo dall’andamento di una folk rock song dai toni nostalgici, infatti racconta la storia di un bambino e delle scorribande con la sua bici, il cui video è stato affidato a Jason Lester.
Aggiornamento 04/12/18: David e la sua band decidono di puntare su “Model Homes” come nuovo singolo, con il suo incedere malinconico e indolente il brano racconta di noiosi pomeriggi adolescenziali passati in cameretta, del non sognare in grande e chiedersi quando tutta questa attesa terminerà, e gli arrangiamenti rispecchiano in modo aderente le tematiche del pezzo.
Aggiornamento 10/01/19: A distanza di una settimana dall’uscita del “comeback album” Bazan decide di mettere fuori un altro singolo, questa volta tocca allo spleen rock di “Quietest Friend”. Il video sembra il seguito di “Yellow Bike” dove assistevamo alle pedalate di un giovane David. Ora il giovanissimo avrà un incontro ravvicinato con ben due parti di sé adulte, e in mezzo c’è la band che suona in quello che sembra un palco di un vecchio teatro abbandonato. La regia è stata affidata nuovamente a Lester il quale decide di riprendere tutto in 16mm.
Aggiornamento 18/01/19: Con il disco pubblicato qualche ora fa la band di David è pronta a portare in giro le tredici tracce che si muovono su terreni prevalentemente indie rock, sono presenti anche momenti di riflessione (“Piano Bench”, “Circle K”) o episodi in cui tutto attorno si fa rarefatto (“All Seeyng Eyes”) tuttavia l’album si aggira su territori guitar-oriented dal retrogusto malinconico percorrendo certi sentieri che hanno fatto la fortuna di Radiohead (periodo “The Bends”) e sopratutto Elbow (quelli di “Asleep In The Back”). “Phoenix” è un album dentro cui perdersi per la nostalgica magia che riesce a riproporre nel suo accurato songwriting, un po’ come quando si sfoglia un vecchio album di foto e chiudendo gli occhi si riesce a tornare a quei precisi istanti, riuscendo a sentirne l’odore e suoni. Splendido.