A due anni di distanza da “Tired of Tomorrow” tornano i Nothing; la band di Domenic Palermo non ha perso la sua verve e confeziona, con Dance on the Blacktop, un disco gioiello che conferma il sound monolitico della band, capace di coniugare il post-punk fatto di chitarre e distorsioni e la dolcezza dello shoegaze, con uno sguardo sempre ben presente agli anni ’90.
Fin dall’iniziale “Zero day” (un pezzo che ricorda i primi Smashing Pumpkins) si capisce che la formula dei Nothing non è cambiata, ma si è lavorato ancora di più di cesello sui dettagli e sui volumi, con l’aiuto anche di John Agnello (già al lavoro con Sonic Youth e Dinosaur Jr.): “Blue Line Baby” è un perfetto esempio di ciò che sono i Nothing, siamo infatti di fronte a un pezzo che sembra costruito sul sound alla Sonic Youth ma cantato dagli Slowdive. L’amalgama tra il tappeto sonoro e le voci, in secondo piano, ma perfettamente bilanciate, è qualcosa di assolutamente straordinario.
“Dance on the Blacktop” è un disco oscuro, cupo, in cui si riescono a raccontare perfettamente tutti gli incubi e le fragilità dell’animo di Domenic Palermo, i demoni con cui ha combattuto per buona parte della vita (le dipendenze dalle droghe, il carcere per aggressione e tentato omicidio): il tutto narrato su un sound eterogeneo, in cui gli arrangiamenti sono curati al dettaglio. A Domenic è stata da poco diagnosticata una malattia neurodegenerativa e questo disco è lo specchio del suo malessere, del suo disprezzo verso se stesso e buona parte di ciò che lo circonda, un velo di malinconia disperata ammanta tutto e caratterizza questo disco in cui le chitarre sono al solito potentissime e ben presenti, ma non manca lo spazio per la melodia (basti pensare a “You wind me up” o “Us/We/Are”).
I Nothing continuano a non sbagliare un colpo e con “Dance on the Blacktop” si elevano nell’olimpo delle band post-punk/shoegaze.
Ora non resta che aspettarli nuovamente in Italia per goderci i loro epici live.
(Alessio Gallorini)