Gli Ovest di Tahiti sono un gruppo proveniente da Andria nato nel 2015 ma che vede la sua prima uscita discografica soltanto tre anni più tardi ovvero questa settimana, precisamente il 26 Luglio con il disco intitolato Luci della città.
All’interno dell’album prodotto da Dario Tatoli (Makai) sono presenti otto inediti che, come altrettante automobili in un viaggio notturno, percorrono strade tranquille dai lineamenti indiefolk, di quelle che permettono a chi guida di riflettere sulla propria esistenza e sul mondo circostante: in equilibrio tra cantautorato italiano – amano Lucio Dalla e Niccolò Fabi – e geografie sonore internazionali (Fleet Foxes, il mai troppo osannato Nick Drake e i Verve più riflessivi), è la stessa band pugliese a dare una definizione precisa del disco d’esordio: “Le luci della città sono tutte quelle piccole cose che succedono sotto i nostri occhi, il terrore della morte, le gioie di una nuova vita, la dolcezza e la malinconia per un accadimento importante o banale che sia. Le luci della città sono tutto ciò che ci permette di riprendere a guardare la strada spesso buia sulla quale stiamo camminando”.
Incuriositi dal disco e dal modo in cui viene presentato abbiamo intervista la band e il suo frontman Luigi Lafiandra in occasione dello streaming in anteprima del disco.
Partiamo dal moniker, cosa c’è ad Ovest di Tahiti?
Hanno provato in molti a farci questa domanda, ma ancora non sappiamo precisamente cosa c’è. Il nostro compito è scoprirlo. Lucio Dalla chiama Dio ciò che vede ad ovest di Tahiti, ma è ancora più interessante vedere come non è un’entità soprannaturale, neanche un essere spesso spirituale, lui lo vede come un semplice marinaio.
Il primo brano è “Autostrade” mentre l’ultimo è “Luci della Città”, questo fa sembrare il disco “da viaggio”. Com’è stato il percorso che vi ha portati alla meta finale e quali paesaggi avete incontrato lungo il tragitto?
(sorridono) pieno di tornanti. Come quando vai in montagna. Si sale, si scende, molto spesso manca l’ossigeno, molte volte invece la fatica è tale che resti con la testa abbassata per non vedere quanta strada manca prima di arrivare alla meta. Ma quando arrivi… che goduria è vedere il mondo da lassù.
In questo disco si inizia percorrendo l’autostrada, per poi arrivare a vedere la città dall’alto. La copertina svela però un dettaglio in più: che ci si può prima ritrovare a guardare la città da lontano e poi scoprire che la strada ti attraversa e ti conduce proprio a quella città.
All’interno degli otto brani ho incontrato tante domande, il più delle volte portavano a non sciogliere dubbi ma anzi a farsene di nuove. Voi invece siete riusciti a trovare delle risposte?
Luigi: sembra bizzarro, ma secondo me la domanda migliore è quella la cui risposta genera altre domande, anche perché altrimenti se finiscono le domande la vita diventa di una noia pazzesca.
Un altro argomento che striscia tra un pezzo e l’altro è quello del credere – in un Dio, ad una forza spirituale presente nell’essere umano, o semplicemente in se stessi. Che rapporto avete con le religioni e come pensate che queste possano aiutare chi in realtà vuole soltanto guadagnarsi un posto in paradiso talvolta a discapito degli altri.
(sorridono) questa è tosta! Sai… noi quattro abbiamo sostanzialmente idee diverse, crediamo e pensiamo cose diverse, ma ciò che è affascinante è cercare che cosa davvero ci lega.
Luigi: Penso che sia questo il significato di religione. Perché c’è qualcosa che in fondo ci accomuna, che è tanto profondo da rendere sostanzialmente uguali cinesi e italiani, bianchi o neri, credenti o atei.
Come mai avete deciso di proporre una canzone inglese? State tenendo una porta aperta per sondare i confini, un po’ stretti, italiani?
In realtà i confini italiani si stanno allargando sempre di più, perciò il nostro desiderio è quello di scendere sempre più nel profondo. Però chiaramente non chiudiamo nessuna porta, infatti sono in progetto pezzi anche in francese e tedesco (sorridono).
“Taking Over the Reason” è nata in inglese perché la ragazza per cui è stata scritta amava le canzoni in inglese, perciò solo in inglese poteva essere scritta. D’altronde era più probabile che le sarebbe piaciuta. (Sorridono)
In un pezzo cantate di “Ignavi”. Pensate che questo possa essere il tumore che affligge la popolazione italiana, costantemente alla ricerca di una rivoluzione (via social, soprattutto) ma che in realtà non ha la volontà di fare perché, tutto sommato, non si sta poi così male?
Si, ma gli Ignavi prima ancora di essere il problema della società, sono un problema per loro stessi. L’ignavo è colui che non sceglie né il bene e né il male, che semplicemente non sceglie. Il “tutto sommato” è spaventoso.
Se vi fosse data la possibilità di utilizzare un tweet per ogni pezzo del disco come li descrivereste?
“Autostrada”: l’inizio di un arduo viaggio.
“Indifferente”: un ricordo che ferisce e che spesso si vuole cancellare.
“Taking Over The Reason”: “Si distruggano i mondi, anzi che un pane. Spezzar tremando, e velar le pupille, Nell’angoscia infernal d’orrendi sogni!”
“Arancione”: Il tramonto in autunno nel quale il cielo intero si inchina al suo re (il Sole) che cade quasi sconfitto.
“Nebbia Scura”: il desiderio di un soldato che si nasconde dietro al fronte tra la scura nebbia.
“Qualità”: “alla fine della nostra vita non saremo giudicati per quanto siamo stati credenti, ma per quanto siamo stati credibili”
“Lettera per gli Ignavi”: è buttare giù un gran buon bicchiere di amaro a fine serata.
“Luci della città”: Il primo vagito, la primissima cosa che accade, e la fine del viaggio.
Negli arrangiamenti vi accosterei a gruppi legati al brit rock, tipo Verve/Doves/Travis, mentre nei testi vi sento legati ad un certo cantautorato che non c’è più, che pochissimi altri stanno cercando di tenere vivo. Voi invece chi vedete tra i vostri maestri e chi vi ispira tra i contemporanei?
Luigi: Per i testi ci sono per me veri e proprio punti di riferimento anche se alcuni sono più nascosti di altri. Sicuramente due dei maestri da cui posso tanto imparare sono Fabi e Dalla, che con le parole riuscivano spesso a esprimere anche ciò che non dicevano esplicitamente. Poi mi stupiscono molto i testi degli irlandesi Damien Rice e Glen Hansard, sono affascinato dalla sincerità di Nick Drake e credo che tra i contemporanei uno dei più bravi scrittori che ammiro molto e dai cui testi spesso imparo tanto è Giovanni Truppi. Per gli arrangiamenti sicuramente si sente molto Dalla, si sentono i Beatles e le antiche melodie di Gianmaria Testa e Ivano Fossati, le atmosfere dei Villagers ed il calore di Ray LaMontagne.
Avete già delle date dal vivo?
si, già il 26/07 con l’uscita del disco suoneremo nella nostra città, ad Andria. È la primissima data e siamo super contenti perché ci saranno tutti i nostri amici, noi suoneremo per loro. (qui ulteriori info per seguire la band)