Si può ancora fare un disco lo-fi che funziona nel 2018, anche se si è prodotti da La Tempesta? O ci resta solo il finto lo-fi che sembra lo-fi ma poi è pop da classifica? Premendo play e facendo partire il disco di Luca Galizia, già nei Leute e ora nascosto dietro lo pseudonimo Generic Animal, mi viene da pensare che ci sia ancora spazio per qualcosa di vero nel circuito indie (che indie non è) italiano.
Luca, con l’aiuto di Jacopo Lietti (Fine Before You Came) ai testi e con la produzione di Marco Giudici e Adele Nigro (Any Other) tira fuori un gioiellino che parla al cuore, che racconta le storie di un ragazzo di provincia in cui si può riconoscere ciascuno di noi e lo fa con una semplicità che oggi sembra quasi desueta. C’è stato un tempo, non millenni, ma 6/7 anni fa, in cui di dischi così in Italia ne uscivano due al mese e da quel lontano “allora” lì è sopravvissuto solo Vasco Brondi.
Adesso il disco di Luca ci fa gridare al miracolo e, in effetti, un piccolo miracolo lo è. In un momento storico in cui si canta “mangio il buio col pesto” qui si torna a parlare del parchetto del paese (“Alle fontanelle”) o di un vecchio divano sdrucito (“Qualcuno che è andato”), di amori un po’ sghembi da palazzoni di periferia (“Trenord”).
Nella chitarra finto-scordata di Generic Animal e nella sua elettronica appena accennata c’è una generazione che si sentirà a casa. Io personalmente mi sono accomodato ben bene e ho già scommesso su questo esordio, che sarà uno dei migliori del 2018. Insomma, oltre Calcutta c’è di più.
(Alessio Gallorini)
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