Il progetto Stella Maris è sicuramente una delle novità più interessanti del 2017 per la scena italiana: sonorità volutamente alla Smiths, cantato in italiano e quella poesia a cui ormai Umberto Maria Giardini ci ha abituato anche con i lavori a suo nome. Ho avuto la fortuna di poter parlare con Ugo Cappadonia, il Johnny Marr degli Stella Maris e di chiedergli come è nato questo super gruppo. (qui invece trovi la recensione del disco)
Prima domanda banalmente obbligata, come sono nati gli Stella Maris?
Sono nati da un’idea di Umberto, che è un fan degli Smiths e di tutte quelle sonorità pop inglesi degli anni ’80, sapendo della nostra comune passione mi ha coinvolto e così siamo partiti, lui voleva fare un progetto in cui cantasse solamente, così mi ha delegato la parte compositiva dei brani alla chitarra e si è occupato del cantato e dei testi. Insomma proprio come Morrissey e Johnny Marr facevano negli Smiths.
Come è nato il coinvolgimento degli altri tre componenti della band?
Gianluca Bartolo (Il Pan del Diavolo) è stato facile da coinvolgere, è un amico e un chitarrista fantastico, per cui quando abbiamo pensato la struttura dei brani basata su due chitarre subito abbiamo pensato a lui, Emanuele Alosi (La banda del Pozzo) è uno dei migliori batteristi in Italia, per cui non potevamo farne a meno, idem Paolo Narduzzo (Universal Sex Arena), è il Paul McCartney italiano, poteva forse sfuggirci?
Come sono nati i pezzi del disco?
Guarda solitamente io portavo a Umberto un riff e su quello poi lui in pochissimo tempo riusciva a comporre testi meravigliosi, vederlo lavorare è stato davvero un privilegio. Poi devo dire che anche quando ci siamo ritrovati in studio, dove abbiamo arrangiato i pezzi tutti insieme, è nato qualche brano improvvisato, come “Se non sai cosa più mangi, non puoi sapere cosa piangi”. Quello è merito della genialità di Umberto che ogni tanto ha delle trovate fantastiche.
Ci tengo a dire che il disco è stato costruito sul suono di un solo amplificatore, lo stesso modello che utilizzava Johnny Marr, non so quanti se ne accorgeranno, è una finezza che ci piaceva e ci sembrava coerente con il progetto.
In tutto questo revival anni ’80 dell’indie italiano, finalmente gli anni ’80 suonati…
Già, esatto, ci siamo detti che se dovevamo rifare qualcosa anni ’80 dovevamo rifarla bene, suonata e fedele il più possibile all’epoca, niente di elettronico come va di moda adesso. Tra l’altro il disco lo abbiamo registrato tutto in presa diretta a nastro, salvo pochissime sovraincisioni. Ci siamo veramente divertiti, questo è lo spirito con cui sono nati gli Stella Maris, come un gioco.
Quindi dal vivo renderete il tutto ancora meglio.
Guarda proprio in questi giorni ci siamo ritrovati per la prima prova del tour, non suonavamo i pezzi da un paio di mesi, ma c’è stata un’energia catartica nel ritrovarsi insieme. Il tour, che partirà a febbraio (gli Stella Maris sono appena entrati nel roster de La Tempesta), sarà veramente qualcosa di speciale, abbiamo idea di fare poche date nelle città principali e in location belle, che siano tutte dei piccoli eventi da ricordare.
C’è un filo conduttore nei pezzi del disco?
Sicuramente l’amore, l’amore omosessuale, eterosessuale, insomma l’amore in ogni sua forma, utilizzato spesso anche come metafora per criticare la società di oggi.
Dicevi prima che è stato bello vedere lavorare Umberto, ci racconti come lavora?
Guarda, qui parlo da suo fan, prima che da compagno di band, secondo me lui è uno dei cantautori più bravi degli ultimi 20 anni. A volte non si rende conto della profondità delle cose che scrive e lo fa con una naturalezza straordinaria. Ti racconto questa: “Eleonora No” è praticamente nata in diretta al telefono, io gli ho mandato il riff del ritornello con un vocale su whatsapp e lui in diretta ha composto il testo del ritornello in 2 minuti. Straordinario. Io ogni volta rimanevo basito da leggere i suoi testi, magari buttati giù in pochi minuti.
L’esperienza con musicraiser come è stata?
Inizialmente eravamo titubanti sul farla, poi alla fine l’abbiamo presa come una vera e propria prevendita, infatti abbiamo sempre dato ricompense concrete. Devo dire che ci ha aiutato molto, e da parte dei fan è stato un atto di grande fiducia comprare in anteprima il disco: non navighiamo nell’oro, alla fine facciamo un lavoro come un altro e avere la certezza di poter contare su una certa cifra di partenza è stato fondamentale, anche perché eravamo tutti impegnati nei propri tour e registrare un disco quando sei nel bel mezzo di un tour e non vivendo nemmeno tutti nella stessa città puoi immaginare bene che comporta delle spese anche logistiche non indifferenti.
Infine, ho iniziato l’intervista con una domanda banale e devo chiuderla con una altrettanto banale: il tuo brano preferito degli Smiths e da dove nasce il nome Stella Maris?
Allora, il mio brano preferito degli Smiths, anche se è difficile scegliere, direi che è “How soon is now?”, seguito a ruota da “Bigmouth strikes again”, molto marriani non a caso. Per quanto riguarda il nome della band è un’idea di Umberto, Stella Maris fa pensare ad una figura femminile, per cui giocando sempre sul tema dell’amore e dell’ambiguità sessuale, della serie sarà una cantante o saranno una band? E poi fa pensare anche alla figura della madonna, nonché ai collegi di fine ottocento. Ci piaceva questa ambiguità.
Ultimissima domanda, l’artwork del piatto in copertina come è stato concepito?
Guarda è nato anche quello per gioco, è stato concepito sul formato del vinile, per cui volevamo giocare sul fatto che un piatto(a grandezza 33”) girasse sul piatto. E poi ci piaceva anche il concetto di “piatto servito”, perché gli Stella Maris sono nati così, per gioco, senza fronzoli, quello che è fatto è fatto, immediatamente pronto e servito al pubblico.
(Alessio Gallorini)