Sentirsi in sintonia con Queens of the Breakers, il nuovo album dei The Barr Brothers, è tutt’altro che automatico. Sebbene si entri in contatto con tutta una serie di elementi che combinati insieme sono micidiali, proseguire con un approccio entusiasta diventa mano a mano più complesso.
“Defribrillation”, pezzo d’apertura, è a tutti gli effetti micidiale. Cattura i sensi dando un piacevole pizzicore, quella sensazione che ti fa stare sulle spine perché di empatia come questa ne vorresti ancora ma il fricicore si palesa a corrente alternata per il resto dell’album. Le promesse e le premesse devono essere mantenute e qui, purtroppo, esiste un divario tangibile tra i pezzi che si vanno ad approcciare; se in alcuni casi ci portano ad un alto livello di piacevolezza, con un coinvolgimento emotivo sornione, in molti altri, per contro, si affievolisce l’entusiasmo. D’altra parte, è pur vero che la discrepanza tra questo folk europeo e quello nostrano è evidente; si parla di una differenza succosa a cui davvero pochi ci hanno abituato, dove la tecnica e la produzione fanno impallidire, vuoi per una questione di chilometri macinati in Europa, vuoi per una ricercatezza nello stile, un fittizio shabby chic dove le note sono calibrate in modo armonioso alla voce maschile, sostenuta da lunghe sonate di chitarra.
La solitudine, l’amore, la passione e la delusione sono espressi attraverso una chiave fin troppo lineare anche se molto probabilmente è proprio qui che il valore della band esce allo scoperto; come sciogliere il turbinio interiore se non con la semplicità di canzoni limpide per cercare di mettere in ordine i sentimenti e liquefare il dolore.
I fratelli Barr ci mettono a disposizione un lavoro senza artifici, essenziale, nel complesso ben fatto. Da Montreal.
(Angela Mingoni)
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