“Resonance”, occorre partire da qui per raccontare il nuovo album (il quinto in studio) degli Elettronoir (Marco, Georgia e Maurizio, new entry proprio per questo disco): Resonance non è solo il titolo del primo singolo estratto da SUZU, ma è, etimologicamente, una parola molto particolare, poiché in francese acquista il significato sia di “suono” che di “rumore” a seconda dei contesti.
È dunque perfetta come canzone manifesto per questo lavoro degli Elettronoir, in quanto sono loro stessi a giocare con il noise in questo disco e ad allontanarsi dalla dimensione più pop, lasciando all’ascoltatore la libertà di cogliere i significati delle canzoni e di farsi più o meno attraversare da esse, distinguere se si tratta di suoni o rumori.
Quello che viene fuori in “SUZU” è un lavoro estremamente personale e, se vogliamo, analogico, con quelle imperfezioni che lo fanno sentire familiare e straniante al tempo stesso, in un momento storico in cui siamo ormai abituati al prodotto preconfezionato, bello e lucido. “SUZU” è invece un lavoro scuro, che scava in profondità e indaga nelle profondità dell’uomo: dagli scenari di guerra (la title track e “Guernica”) all’amore, visto però in prospettiva, sotto forma di ricordo (“La dedica”), fino ad esplorare la dimensione seduttiva del corpo (“La seduzione di Eva”, “Postal Market”).
I testi creano degli affreschi da cui restare incantati o impressionati, sono delle vere e proprie fotografie, spesso in bianco e nero, di scenari inquieti ed inquietanti, ma reali, tangibili. L’elettronica ammanta con discrezione le ritmiche noise, ma è il piano il vero protagonista del disco (non a caso il disco si apre con un pezzo che parla di un pianista, “Divisione Satie”): un piano inquietante, imperfetto, stanco eppure vivido. Regala sprazzi di vera bellezza, ma va saputo assaporare.
Gli Elettronoir costruiscono un disco per pochi, un disco che va gustato con lentezza, ma che una volta che vi sarà entrato nelle vene non lascerete più.
(Alessio Gallorini)