Alla seconda opera, Resolute, Stu Larsen non lascia le sponde sicure del folk rock acustico e melodico, semplice e senza calcoli, che meglio descrive il suo mondo di girovago e musicista senza meta, vagando dalla Spagna all’Indonesia, dagli States all’Inghilterra, spesso spinto da una sensazione e da un sogno. Non a caso il primo album l’ha titolato “Vagabond”, ed è con quel suo cantato placido che narra amori complicati dalle lingue e luoghi che lo hanno catturato, e quel suono pacato dell’acustica, che ha raggiunto una certa notorietà e i milioni di visualizzazioni su youtube. Come dargli torto dunque.
È la chitarra quindi, con cui compone i brani che lo accompagnano in questa sua esistenza di continui spostamenti e note a margine, a dominare le registrazioni insieme alla sua bella voce, tutti i brani hanno piacevolezza e andamento che certo non sorprende, con l’eccezione del piano nella più intensa “What if”, la più complessa e corale “Going Back to Bowenville” che poi è la cittadina del Queensland, nell’entroterra di Brisbane, dove è nato e torna tra un viaggio e l’altro; l’armonica della appena più mossa “Chicago song” che è una dichiarazione d’amore al suo strumento, una Martin D-35 del 1973; i cori ad libitum della conclusiva “Till the sun comes back”.
(Alberto Marchetti)