Edda è tornato e come fu, tre anni fa, per il disco precedente, mi trovo nella situazione di affrontare un ascolto mai banale, doloroso in un certo senso, ma sicuramente vero, reale e dannatamente attuale. Graziosa Utopia si differenzia, comunque, da “Stavolta come mi ammazzerai” per l’immediatezza della musica, diventata estremamente accessibile rispetto al cantuautorato sghembo e alle fiocinate rock, con cui ci eravamo lasciati.
A non cambiare mai (e per fortuna!) è il particolarissimo modo di cantare di Edda, il suo timbro inimitabile ed, infine, i suoi testi: perle di poesia urbana tanto brutali, quanto delicatamente franche. L’inizio è affidato alla ballad “Spaziale”, uno dei pezzi più soavi del disco, che si arrampica su delicati colpi di synth, raccontando di qualcosa di apparentemente tranquillo e disteso, per ora. La seconda traccia, “Signora”, è, forse, il singolo migliore per il contrasto tra una melodia pop da presa immediata e un testo forte ed incisivo. Nella successiva “Benedicimi” sono state inserite delle chitarre abbastanza educate, mentre il ritmo si fa più incalzante e le parole di Edda colpiscono come un calcio negli stinchi. L’unica vera scossa sonora è il rock di “Picchiami”, in cui le chitarre prendono il sopravvento, pur in maniera poco irruenta. Uno degli episodi più riusciti e limpidamente diversi, rispetto alle spigolosità dei dischi precedenti, è “Zigulì”. La canzone è un delicato synth-pop, con una linea vocale elementare e dolce, che va a tratteggiare una storia piccola, ma intensa. Sorprende l’innata capacità di Edda di prendere in mano i generi e renderli totalmente suoi, con la propria personalità sicuramente originale e forte. Non mi stupirei se il prossimo disco fosse reggae! In quest’osservazione non si può, però, prescindere del fondamentale apporto dei collaboratori, su tutti Luca Bossi e Fabio Capalbo. I due sono artigiani preziosi che sanno prendere l’energia e le emozioni di Edda e renderli musica da godere. Tornando ai contenuti di Graziosa Utopia, un altro pezzo che mi colpito particolarmente è “Un pensiero d’amore”: è semplice musica leggera all’italiana in tutto e per tutto e spezza ogni certezza (se mai ce ne sia stata qualcuna) nei confronti di Rampoldi. Il testo è, comunque, in linea con lo stile del nostro, che si sostanzia nel verso finale: “…ora so anche chi sono: una bestemmia d’amore!” “Arrivederci a Roma” è una canzone particolare per la commistione tra chitarre ed elettronica, ma è il finale, affidato a “Il santo e il capriolo”, davvero bellissimo. La melodia della canzone è praticamente perfetta, tra qualche verso declamato e un ritornello in crescendo.
L’Edda del 2017 è, quindi, un autore maturo e fiero della propria eterogeneità espressiva. Al quarto disco a suo nome, il cantautore milanese sfodera una prova essenziale ed intensa, più fruibile per sonorità e brevità dei lavori precedenti. Il tutto, però, senza mai abbandonare il proprio stile assolutamente unico nel panorama musicale, non solo italiano.
(Aaron Giazzon)