Eravamo ormai alla fine di quegli incredibili anni novanta quando i Refused cambiarono per sempre l’idea di hardcore con “The shape of punk to come”, diventando così un disco generazionale che gettò le basi per nuovi percorsi musicali. Davide Compagnoni è il batterista talentuoso della band torinese Stearica che aggiunge un nuovo tassello a quella strada avviata dai Refused e lo fa con un disco che lascia ben poco all’immaginazione, The shape of drums to come.
Compagnoni in arte Khompa ha la brillante idea di voler fare tutto da solo, la sua batteria munita di triggers, uno step sequencer e un portatile diventa una creatura incredibile riuscendo a riprodurre un’ampia gamma di suoni. Si entra nel vortice di quei suoni digitali sin dall’iniziale “Nettle Empire” con un vago ricordo di uno xilofono che rende il tutto quasi sognante e sospeso prima di scontrarsi con l’irruenza di “Religion”, percussioni punk martellanti e tastiere immaginarie che si fanno scure, il disco procede in questa direzione mantenendo alta la tensione passando dalle folli velocità di “The shape” al math-rock di “Louder” ma è la seconda metà del lavoro che le cose si fanno più interessanti. “Upside-down world” si arricchisce della voce del musicista giapponese Taigen Kawabe dando un aspetto quasi hip-hop in modo del tutto inaspettato e si continua con continue contaminazioni lasciando un po’ da parte la potenza dell’hardcore e lasciarsi così infettare da una drum and bass che dà forma a “Make the operator more productive”. “D.A.C.” è il brano più luciferino dell’intero disco, colori scuri e claustrofobici che ricordano i romani ZU per arrivare alla conclusiva “Wrong time wrong place”, la batteria di Khompa diventa un piano che ci immerge in un bagno di suoni liquidi e disturbati.
Khompa è un progetto difficile da descrivere, possiede l’immediatezza del punk e la freddezza dei suoni elettronici pur riuscendo a non perdere di vista il filo della melodia ma con quella sensazione di avere tra le mani qualcosa di speciale.
(Andrea Tamburini)
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