Quando si parla di umore si pensa ad un atteggiamento o un comportamento che assume caratteristiche o aspetti non precisi e che si ripete durante la giornata come un ciclo, questo può essere influenzato da aspetti esterni o interni alla persona ma è come tutte le sensazioni una risposta emozionale ad uno stress e può cambiare velocemente.
Come si possono descrivere quindi i Moods del deserto essendo questo qualcosa di inanimato, qualcosa di solitario e spaventoso? È questo quello che il concept album dei due newyorkesi Live Footage cerca di raccontarci addentrandosi in un viaggio mentale che non trasforma il deserto in qualcosa di vivo ma cerca di interpretare la reazioni dell’uomo che vive l’esperienza di visitarlo. In quattro tracce di post rock rielaborato si passa dalla sensazione di gelido freddo delle notti desertiche alla meraviglia che si prova sorvolando le aride dune a bordo di un elicottero, percepire l’orizzonte senza poterlo vedere e vivere la gioia della pioggia improvvisa. Grandi influenze di ambient caratterizzano sopratutto le prime due tracce e gli archi effettati che fanno da padrone svaniscono lentamente per lasciare spazio a chitarre pulitissime e loop elettronici costruiti in maniera perfetta ed onomatopeica. Il deserto che circonda non è affatto silenzioso, è delicato e gelido nello stesso momento ma offre tante riflessioni e genera echi lunghissimi e lontanissimi che ipnotizzano l’orecchio, una visione ciclica e lisergica che descrive perfettamente uno degli ambienti più inospitali e affascinanti della terra.
Questo duo di musicisti di Soho che si è sempre dedicato a colonne sonore, documentari e album strumentali (HBO, UNICEF, Discovery Channel) ed ha maturato con gli anni e il lavoro una percezione della terra in chiave musicale andando oltre il concetto di “music for landscape”, descrivere le emozioni è già difficile, farle rivivere quasi impossibile ma ascoltando questo piccolo album si ha quasi la sensazione di essere nel Gran Canyon a gustarsi l’infinito.
(Marco Vivarelli)
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