Non conosco personalmente Paganucci ma ascoltando il suo primo EP sono abbastanza convinto che sia un tipo riflessivo, di quelli che si lasciano affascinare dagli orizzonti immensi, dal mare calmo d’autunno e dal cielo terso che lentamente vira al crepuscolo, un po’ come la figura di spalle che capeggia sulla copertina di Ketoprofene, raccolta di quattro brani prodotti da Carlo Barbagallo (Noja Recordings) dentro cui si abbracciano indie pop da camer(ett)a a soluzioni elettroniche liquide pronte a consegnare un mood che sa di agrodolce e malinconia per un tempo che non c’è più (o non c’è mai stato).
Nella bio Andrea si presenta così: “Nasco un lunedì, un lunedì come tanti, lamentandomi già del fine settimana che non arriva mai.” Mentre del suo primogenito musicale da solista dice “frutto di un distacco forzato dalla terra d’origine, attraverso il quale Paganucci ripercorre le tappe di una adolescenza tardiva. L’EP, insomma, è come un saluto dal lunotto posteriore della propria auto, ironico e intriso di nostalgie, è vicino e lontano come aerei in partenza senza mete conosciute.”
Il disco del musicista siracusano arriverà ad Ottobre anche se da oggi, per una settimana, potrai ascoltare in anteprima le quattro canzoni di “Ketoprofene” non prima però di aver letto la mini intervista che trovi qua sotto.
Spulciando su Google alla parola “Ketoprofene” salta fuori che è un farmaco anti infiammatorio, perché hai deciso di chiamare così il disco?
“Ketoprofene” è la mia cura lenitiva, un piccolo cosmo nel quale rifugiarmi e fare rifugiare tutti coloro che ne abbiano voglia. È l’anti-dolorifico di chi vuole osservare il mondo con occhi diversi, cogliendone sfumature nascoste ma anche ironia. L’idea de nome nasce appunto dal dualismo tra questo concetto e le mie consuete emicranie come sintesi della vita quotidiana. Infondo tutti abbiamo il nostro “Ketoprofene“.
Quando è scattata la scintilla che ti ha spinto a fare musica?
Non ricordo un momento esatto in cui è avvenuto. Ricordo invece di essere stato sempre ed inesorabilmente affascinato da quello che la musica potesse fare. Sin da piccolo, nei viaggi in macchina consumavo musicassette e in me era dirompente la voglia di sentirmi parte di quella cosa, mi sentivo in qualche modo già naturalmente destinato a quello.
Descrivi con un Tweet ogni canzone di “Ketoprofene” (devi usare soltanto 140 caratteri per canzone)
“Maggio e l’universo” è il saluto etereo ad un amore lontano, è un posto senza tempo in cui preservarne la purezza.
“Fiori per meteore” guarda ironicamente alle relazioni umane e al paradosso nel quale siamo connessi col mondo e scollegati dalle emozioni.
“Mille imperi” denuncia la mia personale opposizione alla menzogna del capitalismo. Un brano col quale io stesso esploro le mie idee.
“Veleno alla vaniglia” è l’asintoto che separa due destini ma è anche l’affermazione di se stessi, la ricerca del proprio posto nel mondo.
Per la rubrica 5Songs4… dovresti fare una playlist delle cinque canzoni che più ti hanno influenzato dare anche una motivazione (qua sotto è possibile ascoltare i pezzi elencati).
1 – Radiohead – Paranoid Android: ha rappresentato per me la scoperta di un modo nuovo di poter fare musica, probabilmente uno dei pezzi che mi ha più influenzato, come più in generale tutto “OK Computer”, disco che ho ascoltato fino a consumarlo.
2 – The Get Up Kids – Close to me (The Cure cover): la versione dei Get Up Kids è uno dei pezzi che hanno segnato maggiormente i miei primi anni 2000, dando il via, nelle influenze, a quello che sarebbe stato il mio percorso. A metà tra il post-punk e l’indie-rock, mi ha formato nella tendenza dei mood dei miei brani.
3 – Max Gazzè/Nicolò Fabi – Vento d’Estate: Ero solo un bambino quando le atmosfere disegnate da Max Gazzè e Riccardo Sinigallia con l’interpretazione inoltre di un giovanissimo Nicolò Fabi, fomentarono in me il bisogno di esprimermi attraverso qualcosa del genere, rimasi affascinato da quella melanconia dal sapore puramente Italiano.
4 – Franco Battiato – L’era del cinghiale bianco: Il genio, l’unicità del Maestro è stata di sicura ispirazione per me. I temi metafisici e le ampie metafore credo mi abbiano condizionato molto nell’uso dei termini
5 – Daft Punk – Around the world: Quando nel 1997 ascoltai per sbaglio e distrattamente i Daft Punk mi chiesi, nella mia ingenuità, da che pianeta fossero venuti, quel suono così di rottura, il digitale entrava prepotentemente nell’universo sconfinato della musica, aprendo nuove e straordinarie prospettive. Portarono inoltre la musica elettronica ad un volume di vendite tale da rendere tutto questo facilmente fruibile. Dei veri antesignani.
Prossime date dal vivo?
Annunceremo le prime date dopo l’uscita del disco per partire dal 2017 per un tour lungo lo stivale. Colgo l’occasione per ingraziare TriTubba Booking&Management per il prezioso lavoro che svolgono.