I Thee Oh Sees sono la creatura psych-garage del vulcanico, stravagante e rumoroso musicista John Dwyer. Il nostro è quantomai una figura atipica del panorama musicale non solo americano, ma alternativo mondiale: tanto imprevedibile, stralunato e fuori dagli schemi su un palco un po’ per l’estetica da slacker e le movenze da folle quanto serio, disciplinato e rigoroso nel produrre album (quasi) sempre belli, innovativi e divertenti.
Dal 1997, anno d’esordio della suo primo progetto battezzato OCS (Orinoka Crash Suite), Dwyer si è sempre distinto per un primitivismo musicale ed un’attitudine punk innati e del tutto genuini che, a differenza dell’altro eroe del garage californiano Ty Segall, lo pongono, a mio avviso, un gradito sopra per originalità e capacità d’attrazione dell’ascoltatore.
Nonostante la città di Dwyer sia la tranquilla Providence, capitale dell’altrettanto anonimo stato del Rhode Island, descritto ironicamente in maniera stupenda nel film “Io, Me e Irene” con Jim Carrey, il biondo musicista ha raccolto fortuna in California, dove ha dato sfogo alla sua foga e alla sua creatività.
Ad oggi, A Weird Exits è il tredicesimo disco in dieci anni di attività per i Thee Oh Sees, dato indicativo della prolificità della scena psych-garage della Bay Area, visti anche i molteplici lavori del già citato Segall e compagnia. Il nuovo lavoro si apre con due pezzi muscolosi e irreprensibilmente garage (“Dead Man’s Gun” e “Ticklish Warrior”), che faranno sicuramente saltare ancora di più la pazza banda sui palchi ed agitare come un ossesso il pubblico pogante. I Thee Oh Sees non sono solo, però, pura furia garage-punk, ma attingono a tutto l’immaginario psichedelico degli anni Sessanta, sfoderando anche pezzi inaspettatamente riflessivi, quasi totalmente strumentali, come “Jammed Entrance”, “Plastic Plant” ,“Unwrap The Fiend Pt. 2” e “Crawl Out The Fall Out”. “Gelatinous Cube”, rialza il ritmo e la chitarra di Dwyer graffia i timpani senza pietà alcuna.
La chiusura del disco è affidata a “The Axis”. La canzone parte docile con un organo a sostenere la delicata linea vocale, per poi collassare su se stessa, lasciando spazio a bordate noise di incredibile aggressività sonora, che sommergono ogni nota, ogni velleità rock per far sprofondare l’ascoltatore in un abisso di feedback e distorsioni lancinanti.
“A Weird Exits” è, dunque, un album eclettico ed imprevedibile come solo i Thee Oh Sees sono in grado di suonare: completamente fuori dagli schemi, pur attingendo chiaramente ad un immaginario classico americano rinvigorito di nuova attitudine noise-rock.
(Aaron Giazzon)