Diciamolo chiaramente, se siete dei fan dei Red Hot Chili Peppers dall’epoca di “Mother’s milk”, “The Uplflit Mofo Party” e compagnia bella, resterete delusi, i Red Hot Chili Peppers non sono più quelli da una decina d’anni se non di più. Se sostenete che i veri Red Hot Chili Peppers siano quelli di “One hot minute”, “Californication”, “By the way” e “Stadium Arcadium” resterete ancora delusi ma non troppo, diciamo che ingoierete il rospo con qualche difficoltà.
La verità che i Red Hot Chili Peppers non sono più i Red Hot Chili Peppers. Fatta questa piccola premessa (purtroppo disfattista) possiamo benissimo parlare del nuovo album, The Gateway, ultima fatica discografica del quartetto. L’album si presenta come un “I’m with you parte II”, sicuramente più maturo del suo predecessore, probabilmente perché l’affiatamento del nostro ultimo arrivato nella formazione, Josh Klinghoffer, stia aumentando gradualmente mostrando doti che prima s’erano solamente intraviste. Il primo singolo dell’album, intitolato “Dark Necesseties” ha tutte le caratteristiche rappresentative dei nuovi Red Hot Chili Peppers, giro di basso molto simile a quello “Can’t Stop”, Kiedis con la sua solita cantilena mezza scazzata e niente di che, solite cose. L’unica nota positiva è che Josh non sarà di certo John Frusciante, però si nota un certo impegno che fa ben sperare (forse bisognerebbe dargli carta bianca a livello compositivo?). Per il resto c’è poco da dire, l’album ha degli sprazzi di genio, come qualche solo da parte di Flea e qualche schitarrata ben assestata ma decisamente sotto tono. Sembra che ultimamente i lavori in studio sentano enormemente della direzione artistica del producer di turno come delle scariche elettriche che abbiano il duro compito di rianimare il cuore pulsante dei peperoncini che ormai non sono per niente piccanti. Degna di nota resta “Goodbye Angels” che dimostra che sotto sotto i Red Hot Chili Peppers ci sono ancora, camuffati, ma ci sono.
P.s. Se “The Gateway” fosse stato il nuovo album dei Modà sarei diventato di colpo il miglior fan della band, ma purtroppo, leggendo Red Hot Chili Peppers devo ricredermi, l’aggettivo “carino” non si addice a chi ha scritto la storia della musica.
(Lorenzo D’Antoni)