Sono innumerevoli i gruppi dal passato glorioso che persistono con continue produzioni dal sapore di vino sempre più annacquato ma vediamo con piacere una delle poche eccezioni. Alzi la mano chi non ha mai pogato, a tempo dovuto, con i Korn o i Rage Against The Machine, (non vergognatevi) fatto sta che di quelle band sono rimaste solo briciole o dischi sempre meno interessanti con il passare degli anni; la scena cosiddetta Nu metal è divenuta sempre più sbiadita fino a sparire per mancanza di un rinnovamento convincente, di tutta questa storiaccia triste ne esce qualcosa di buono, i Deftones.
La band di Sacramento si differenzia per due cose sostanziali dai “colleghi” sopra citati, la prima è che non avete mai ballato un loro pezzo almeno che non siate persone disturbate e la seconda è che in tutte le produzioni non hanno mai cercato compromessi andando a perdere fan pur di cercare nel bene e nel male nuove forme sonore. L’ottavo album in studio, Gore, riavvicinerà gli ammiratori che si erano soffermati all’omonimo lavoro del 2003 ma prenderà le distanze con i suoni più curati e rotondi degli ultimi due, forse merito delle esperienze parallele di Chino con Crosses e Palms tuttavia le undici tracce presentano ben poche lacune con un risultato ben sopra le aspettative. Spetta all’iniziale “Prayers/Triangles” a fare da specchio per le allodole con un sound sfacciatamente tipico da farvi accennare ad un sorriso però è “Acid Hologram” ad arrivare come un muro di mattoni fatto di chitarroni distorti e rallentati, un inizio apparentemente senza particolari novità fino alla potente e rabbiosa “Doomed User” che spiazza con accenni heavy metal incredibilmente inseriti in un contesto completamente diverso. I punti più alti si toccheranno con la suggestiva “(L)MIRL” fatta di improvvisi cambi di direzione e la furiosa “Gore” che intitola il disco nel migliore dei modi mettendo in primo piano la voce di un Chino più in forma che mai.
L’unico vero neo arriva con la pacchiana “Phantom Bride” con quell’assolo che pare un omaggio a Dodi Battaglia dei Pooh ma per fortuna la conclusione sarà affidata a una meglio riuscita “Rubicon”.
I paragoni con “White Pony” sarebbero sprecati ma questo “Gore” è l’urlo dei Deftones per mettere bene in chiaro che sono ancora in grande forma.
(Tamburini Andrea)
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