Quinto disco disco di Enrico Tiberi, in arte NREC, che vede numerose collaborazioni (Clod degli Iori’s Eyes, Anacleto Vitolo – Av-k, K.Lone, Manyfeetunder – e Fabrizio Testa – Tarzan Records, Il Lungo Addio– nei panni di co-produttore). Questo Signals è un progetto di ampio respiro, dalle tante facce, sia da un punto di vista musicale (come si evince poco sopra), sia da un punto di vista artistico (corredato da alcune tavole in acrilico dell’artista marchigiano Marco Amato, davvero apprezzabilissime e decisamente in linea con il tono noir dell’album) e anche da un punto di vista vocale (nei vari brani si alternano le voci dello stesso Tiberi, di Daniele Strappato, Claudio Nigliazzo, Anacleto Vitolo e Kendra Black).
Nel comunicato stampa si definisce il genere suonato da NREC come una “electro-wave influenzata da Nine Inch Nails, Apparat, Sohn e Telefon Tel Aviv”; sono parzialmente d’accordo, nel senso che sicuramente l’elettronica è la matrice di questo lavoro ma non sempre è l’elemento dominante di un disco che definirei prevalentemente di buon rock. Manca, è vero, un certo suono grezzo, quello vero del rock più puro e sudato, ma un certo ritmo sostenuto, con tratti mainstream che acchiappano anche l’ascoltatore amante di toni più “leggeri”, lo collocano in un panorama che non è propriamente quello dell’elettronica pura. Penso soprattutto a brani come “Dust”, “Still” o “I don’t know where I’m” (suadente ballad old style, intensa e passionale).
Poi ci sono gli aspetti più electro ma, al di là di qualche sperimentazione un po’ più noise (“Fino in fondo”, “Emina – Utica”), l’incedere ricorda più approcci dance anni 80 (“Videdrome”, “It’s mine”) che non i Nine Inch Nails o Sohn (giusto per citare due dei riferimenti riportati nel documento di presentazione della band).
Se vivessimo ancora ai tempi del vinile, loderei senza dubbio il lato A (nel quale arbitrariamente inserisco i primi cinque brani) mentre sospenderei il giudizio sul lato B. Dato che viviamo nell’era facebookiana, sintetizzo il giudizio complessivo su “Signals” con un convinto Like, e cerco di convivere con la strana sensazione di ritrovarmi a saltellare proprio sui pezzi più Eighties, io che quel periodo l’ho sempre odiato… E forse questo vale più di mille Like.
(Patrizia Lazzari)