I Majakovich sono un trio rock ed Elefante è il loro terzo disco fuori per v4v, ormai una delle più grandi piccole etichette italiane che tra un disco emo e uno alt-rock sta dominando il “mercato” (mi fa sorridere solo scriverlo) della musica alternativa italiana.
Comunque sia questo disco ha al suo interno due anime distinte e distintive. La prima è quella malinconica, tragica ed ispirata che esce subito fuori nella bella e potentissima titletrack e nei successivi tre pezzi. “Aprile” ha un ottimo tiro in pieno stile rock italiano anni ’10. Il primo brano condiviso sui social è la successiva “Diecimila Ore”, altro pezzo da manuale, ma la più bella ed entusiasmante canzone del disco è “Casa”: tirata, rabbiosa e viscerale, come i migliori Ministri de “I Soldi Sono Finiti”. Ecco. Il disco potrebbe finire qui. Da “Un Gran Bel Culo”, pezzo che potrebbe essere dei Thirty Seconds To Mars, i nostri perdono un poco il filo del discorso infilando alcuni pezzi derivativi e con poca personalità. “Piero Portami a Scuola” è troppo simile ad un pezzo de Il Teatro degli Orrori: i suoni e le strutture sono quelle. “L’Ultimo Istante prima di Partire”, nonostante delle belle trame di piano, ha poca energia.
Il disco, comunque, si riprende alla grande con le canzoni finali (“Grammatica” e “Salvati”): si riparte dall’energia dell’inizio del disco con poche parole ma molto incisive, chitarroni a fare muro e melodie che potrebbero essere dei Foo Fighters, facili da ricordare.
“Elefante” è, dunque, a conti fatti un disco buono, ma non eccellente. È pieno di idee e pezzi molto efficaci, che si fanno piacevolmente ricordare. La parte centrale del disco è sottotono e pare un riempitivo per costruire un album quando, forse, un EP sarebbe bastato.
(Aaron Giazzon)